Smoke gets in your eyes (PR Confusion Blues)

Vabbeh, sarò di vedute ristrette, l’età obnubila le mie capacità di giudizio, forse in realtà non ho mai capito un accidente di marketing, ma questa, davvero non riesco a spiegarmela.

Vado con ordine.

Nel 2004 parte una iniziativa itinerante che si prefigge di combattere il fenomeno del fumo minorile, chiamata ‘LASCIA IL FUMO AL CAPOLINEA’, con tanto di sito. La cosa è promossa dal MOIGE, Movimento Italiano Genitori, con il patrocinio del Ministero dell’Istruzione (sono state coinvolte le scuole) , della Società Italiana di Pediatria, della Federazione Italiana Medici Pediatri, e dell’Istituto Italiano di Medicina Sociale.

E sin qui, tutto quadra.

Senonchè, attraverso una notizia evidenziata su Google news scopro che la cosa è sponsorizzata da … Philip Morris.

Sì, proprio loro, i signori della Marlboro, i tabaccai più famosi del mondo.

Naturalmente, come osservava già parecchio tempo fa un giornalista di Repubblica, “…dietro questa nuova strategia di marketing del colosso americano, c’è un motivo molto concreto: subissata dalle cause giudiziarie (e miliardarie) di singoli, associazioni, perfino di intere comunità, la società sta tentando, con questo espediente, di correre parzialmente ai ripari. Per dimostrare, a chi la accusa di non aver messo in guardia i consumatori, che da adesso in poi non è più così. “
Ma quale credibilità può avere un’iniziativa del genere ? Possibile che la paradossale distonia tra l’ interesse dell’azienda e gli interessi della salute possa “sparire” in una nuvola di fumoso social marketing ?

Ve lo immaginate Berlusconi che fa campagna per la drastica riduzione degli spazi pubblicitari nelle fasce televisive destinate ai bambini ? (…avete mai provato a vedere un cartone animato pomeridiano su Italia 1 ??). Beh… forse lui lo farebbe… ma questo è un altro discorso.

Tutto sommato sono più “credibili” ( o meno “incredibli” se preferite) le campagne sul bere responsabile sponsorizzate da alcuni produttori di alcolici: forse messaggi del tipo “bevi poco ma bene” “evita di bere prima di guidare” e simili sono meno stridenti dell’ iniziativa di Philip Morris.

Voi che ne dite ?

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Usi e abusi (PR Language Blues)

Mi capita sempe più frequentemente di provare un autentico senso di fastidio nel leggere comunicati stampa cha si ostinano a usare il dannato linguaggio VCO (“very corporate oriented”) invece di utlilizzarne uno VRO (“very reader oriented”).

(Che avete da storcere il naso, se gli acronimi li crea IDC o Gartner sono affascinanti e pregnanti, se li creo io no ?)

Mi riferisco cioè a quei comunicati che sono palesemente scritti per compiacere le orecchie del management interno delle aziende e null’altro. Informazione zero, notizia zero, autoincensamento 1000.

Mi sono già soffermato, ad esempio, sull’abuso, davvero ormai insopportabile, del termine “leadership”, e sulle famigerate “quotation”, ma pare che numerosi colleghi delle PR siano assolutamente impermeabili alle critiche che da giornalisti e addetti ai lavori si levano sempre più spesso relativamente allo scempio compiuto sul comunicato stampa, che, fatte tutte le debite considerazioni sul rinnovamento di struttura e modalità di utilizzo oggi necessari, resta comunque uno strumento di lavoro attualissimo e efficace.

Ma quando la finiremo di leggere di “best of breed solutions”, “streamlined process” e via dicendo ?

E vogliamo, tanto per fare un altro esempio, soffermarci per un secondo sul termine “soluzione” ?

Mi sembra che oggi il termine sia talmente “svuotato” da dover provare paura a utilizzarlo.
Se vendo cavatappi, offro una “soluzione integrata per la rimozione sicura degli agglomerati di sughero”.
Se invece vendo apriscatole, certamente propongo al mercato la “soluzione completa per l’apertura di contentori metallici”…
Se produco sacchetti per la spazzatura sono “leader nel mercato delle soluzioni complete per lo streamlining dei processi di gestione logistica degli scarti domestici”…

Scherzi a parte, e tornando al comunicato stampa, le aziende che si parlano addosso mi sembrano sempre più numerose, con la conseguente incapacità di parlare realmente al mercato. La cosa che lascia perplessi è che nessuno in azienda si renda conto che questo modo di non comunicare non porta alcun valore in azienda, e rappresenta solo uno spreco di denaro. Sarà anche poco, ma sempre sprecato è.
E la cosa buffa è che comunicare bene non costa di più, richiede “solo” competenza.

Sarebbe ora di svegliarsi….

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Autocompiacimento (PR networks blues)

Beh, prima o poi un piccolo “sfogo” di orgoglio professionale dovevate aspettarvelo.

Perchè è così raro vedere riconosciuta la qualità del proprio lavoro, (e nel mondo delle Relazioni Pubbliche in particolare), che quando finalmente succede, la soddisfazione è davvero grande, e ci da’ un po’ di speranza per il futuro…

E non è nemmeno solo questo.

Riassumo molto brevemente.

Un anno fa, un nostro cliente, la filiale italiana di una multinazionale americana, ci lascia perchè la sede centrale decide che per le PR ci vuole un unico grande network con un bel brand internazionale.

Della totale mancanza di significato di queste scelte, peraltro davvero frequenti, non cesserò mai di stupirmi.

Chiunque abbia un minimo di dimestichezza col mondo della PR sa perfettamente che, al di là della stessa “insegna”, le agenzie locali dei grandi network possono in realtà essere estremamente diverse tra loro, sia sotto il profilo del livello professionale, sia sotto quello delle specifiche competenze.

In un network l’agenzia francese può essere fomidabile nel consumer, ma totalmente incapace nella comunicazione B2B, e quella italiana il contrario, e così via. Ancora più eclatanti sono le differenze quando si parla di comunicazione per il mondo IT. E così in questi grandi e meravigliosi network ci sono spesso dei “buchi”. E così puntuamente si è verificato. Il nostro cliente, in Italia, è praticamente “sparito” dai media. Per un anno.

Ma le difficoltà sono emerse anche in altri paesi e, di questo occorre dare atto, anche gli americani se ne sono rapidamente accorti, e sono corsi ai ripari. Hanno indetto una nuova gara e questa volta, forse un po’ più attenti alle specifiche esperienze e competenze di ogni singola agenzia, hanno scelto per l’Europa un network formato da agenzie indipendenti. Un segnale che ho trovato davvero importante, e che spero stia a significare che certe “manie”, di fronte all’evidenza dei fatti, stanno segnando il passo.

Ma quello che ci ha davvero fatto piacere è che il nostro cliente, sulla base dell’esperienza fatta con noi, ha voluto fortemente che in Italia l’agenzia fosse in ogni caso la nostra. E così è stato.

Che volete, sono soddisfazioni…

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Back to work… (marketing fish blues)

E vabbè, le vacanze sono davvero finite..
Buon Anno a tutti e rimbocchiamoci le maniche.

La prima notizia del 2006 ? Beh, direi che il vero scoop di inzio anno è il mancato “suicidio” di uno dei nostri due pesciolini rossi.

Sì, avete capito bene: uno dei nostri piccoli ospiti acquatici ha tentato il grande balzo e si è catapultato fuori dalla boccia di vetro che lo ospita, atterrando sul tappetino del bagno. Il prontissimo intervento di mia moglie lo ha salvato, e pare che si sia perfettamente ripreso.

Mi piace pensare che non si sia trattato del drammatico esito di una grave depressione, ma del coraggioso ed entusiasta gesto di un pesce che si è stufato di vedere le cose da un solo punto di vista, di avere una visuale sempre uguale, di avere attorno i soliti riferimenti, uguali tutti i giorni e ha cercato di vedere cosa succede uscendo dai suoi schemi di riferimento abituali. L’ho immediatamente ribattezzato “Indiana”, l’esploratore…

Marketing manager eventualmente capitati su questo post, voi non avete le branchie, magari cambiare il vostro approccio alla comunicazione non sarebbe un rischio così tremendo… Chi di voi è Indiana ?

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Innovation greetings (Duracell blues)

Recentemente ho visto, credo per la duemillesima volta, uno spot Duracell che ci ricorda come le pile alcaline durano fino a 4 volte più delle pile zinco-carbone; un’argomentazione di vendita davvero convincente…

Se non fosse per il fatto che se volete vedere una pila zinco-carbone dovete prenotare una visita guidata al Museo della Scienza e della Tecnica; prossimamente credo che verranno esposte anche al Museo di Storia Naturale, costituendone una delle più significative attrazioni.

Insomma, immaginate se oggi la pubblicità di un’automobile tentasse di convincervi all’acquisto proclamando che inquina e consuma fino a 10 volte meno di una Fiat 850.

Questo piccolo esempio mi sembra una delle tante facce della pigrizia mentale di un certo marketing e del sacro terrore di innovare la propria comunicazione, nelle forme come nei contenuti.

E’ un’esperienza che abbiamo spesso fatto anche nelle Relazioni Pubbliche, dove cambiare temi, strumenti e modalità della comunicazione, affrontando a volte “territori” inesplorati, ha comportato sì uno sforzo dell’azienda, ma ha portato risultati davvero eclatanti sia in termini quantitativi (misurati) che in termini qualitativi.

E mi ha anche fatto venire in mente l’amico Maurizio Goetz, che da tempo si “sgola” sul suo blog proprio sui temi dell’innovazione della comunicazione.

Quindi lasciatemi fare a Maurizio e a tutti noi un augurio per un 2006 decisamente innovativo.

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Blogauguri

Non so se posterò ancora qualcosa prima di Natale, ma per non sbagliare…

Auguri di cuore a tutti i lettori di questo blog e ai loro cari !

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Il tempo passa ("As time goes by" blues)

Sollecitato da un post di Gaspar Torriero, che ricordava commosso il suo primo PC , ho ricordato (altrettanto commosso) il mio.

Trattavasi (se non vado errato era il 1987) di un Amstrad PC1640 ECD. Pilotato da un impressionante processore 8086 dalla sconvolgente velocita di clock di ben 8 MHz , e RAM di 640 K, il computer in oggetto era dotato di un disco rigido di ben 20 Mb. Naturalmente disponeva anche di un driver per i floppy da 5 pollici e un quarto (capacità 360K). Ma la caratteristica di punta era la grafica. Cito il depliant: “Con il suo video a colori avanzato a 350 linee e con una tavolozza di ben 64 colori (…) La altissima definizione dalla sorprendente densità di 640 x 350 punti …”

Scusate, corro a prendere un fazzolettino per asciugarmi le lacrime…

Ah, il potere dei ricordi….

Sarà il Natale.

P.S. : la macchina in questione costava all’epoca 2.599.000 lirette +IVA

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It’s always Christmas time for VISA… (Consumer blues)

Davvero interessante il “viral” (questo sì che ci piace… altro che Ricola !) segnalato da B.L. Ochman. Si tratta di un cartone animato con tanto di canzoncina, a sostegno di una campagna della Consumers Union per l’approvazione, da parte del parlamento americano, di una legge che protegga i consumatori da certe poco simpatiche “offerte” natalizie delle carte di credito, che rischiano di lasciare in mutande i poco accorti clienti che ne approfittano. Oltre al filmato (che trovate qui), e alle liriche della canzone (da leggere qui) il sito offre un form con un messaggio da inviare al “proprio” deputato per sollecitare la risoluzione del problema.

Mi domando quanto potrebbe funzionare una cosa del genere in Italia….

Un breve estratto della canzone… tanto per capirci.

It’s always Christmas time for Visa
Mastercard gets presents every day
Our interest rate just went to 29 percent
Even though we’ve never failed to pay
It’s always Christmas time for Visa
An American Expression of good cheer
The payments that we’re making are the gift that keeps on taking
And leaves us buried deeper every year

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Cough Marketing (Ricola "viral" Blues)

Beh, non so dare torto a BL Ochman, che dal suo blog esprime tutto il suo disgusto per una campagna messa in piedi da Ricola negli Stati Uniti per la sua linea di caramelle.
Il concorso prevede che si debba dare la caccia a un “tossitore” (non saprei come altrimenti chiamarlo) che spargerà i suoi germi in nome e per conto della Ricola presso luoghi sufficientemente affollati, allo scopo di permettere ai cacciatori iscritti di offrirgli una caramella Ricola e vincere sino a un milione di dollari. Va bene essere creativi col marketing “virale”, ma davvero, qualche volta ragionare su quello che si mette in piedi non guasterebbe… Non oso pensare cosa accadrebbe se l’ideatore di questa campagna lavorasse per un produttore di carta igienica….

Il sito del concorso Ricola

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Un paio di segnalazioni al volo..

Avendo approfittato dell’opportunità del “ponte”, ed essendo attulamente a totale disposizione dei mie clienti più esigenti (pargoli), sfrutto indegnamente il lavoro altrui e vi segnalo alcune brevissime ma stimolanti letture :
Maurizio Goetz: Sporcarsi le mani con l’interattività
Mauro Lupi : La percezione dei search marketers
Joel Ceré: The consumerist

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