Interagire coi consumatori sui social: vietato improvvisare. (Improvvisation Blues)

Sono molti i brand che si “lanciano” sui social media senza avere chiarito prima alcune regole di base, senza le quali la presenza su Twitter o Fecebook non solo è inutile, ma può risultare addirittura disastrosa. Un interessante articolo di Katie Cooper ci ricorda alcuni capisaldi nella gestione, sempre molte delicata, dei commenti negativi.

1. Il primo punto, per quanto possa sembrare banale, è forse il più disatteso: non cancellare i commenti negativi. Fare finta che i consumatori insoddisfatti non esistano è a dir poco infantile e ha inoltre un sicuro effetto collaterale: il consumatore che vede il suo commento cancellato trasferirà il suo reclamo (condito dalla giusta rabbia per essere stato per di più vittima di una cancellazione) in tutti gli altri ambiti per lui raggiungibili, con il risultato di “espandere” ulteriormente il problema. (Resta ovviamente inteso che si ha tutto il diritto di cancellare commenti volgari, razzisti, violenti, etc. )

2. Il secondo riguarda un altro aspetto chiave : la tempistica di risposta. Non c’è dubbio che il motivo principale per cui un consumatore posta un commento negativo è che ha un problema da risolvere e si aspetta che qualcuno lo aiuti. Un commento negativo deve essere gestito nel più breve tempo possibile: l’ideale sarebbe entro un’ora. Anche se non si ha la possibilità di proporre una soluzione completa e immediata, occorre comunque mostrare che il commento non è stato ignorato e che si sta lavorando per cercare di risolvere la questione.

3. Se l’azienda ha sbagliato,  si scusa e, aggiungerei,  propone un rimedio. La capacità di ammettere uno sbaglio deve essere vista come un punto di forza dell’azienda, che dimostra senso di responsabilità ed etica verso i suoi clienti.

4. Cercare di spostare la conversazione offline quando è necessario. Non sempre è opportuno tentare di risolvere un problema complesso o delicato in modo pubblico. In questi casi è meglio cercare di spostare il dialogo in sede privata, telefonicamente o via email . Personalmente ritengo che la cosa importante sia comunque mostrare pubblicamente di non aver ignorato il problema e di essersi impegnati per risolverlo col cliente.

5. Reagire nel modo più appropriato ai troll. Purtroppo a volte occorre fronteggiare la presenza di questi personaggi, che sono per loro natura portatori di negatività fine a se’ stessa, inutile e puramente distruttiva, e i cui commenti non sono in realtà gestibili. Le strategie possibili sono varie, dalle reazione attraverso lo humor alla esibizione di fatti e prove cui non possono controbattere.  Qui un interessante articolo per approfondire: http://www.socialmediaexaminer.com/social-media-trolls/

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Il comunicato stampa non è morto: muoiono all’istante quelli fatti male. (Press Release Life Blues)

Il caro, vecchio comunicato stampa rimane, quando utilizzato correttamente, un ottimo strumento per la comunicazione delle aziende verso i media. Certamente vi sono comunicati stampa che, per una serie di motivi, sono destinati a morire pochi istanti dopo essere stati ricevuti.

Leggendo su Facebook i commenti di molti giornalisti sembra che siano totalmente ignorati tutti i principi di base per un comunicato che possa divenire una vera risorsa per il giornalista e, di conseguenza, per l’azienda che vuole comunicare.

Una interessante infografica proposta da Kevin Allen su PRdaily  offre alcuni suggerimenti per evitare che il comunicato finisca tristemente nel cestino invece di divenire un contenuto.

Vediamo alcuni spunti  offerti da Kevin:

1 ) Il titolo non deve essere troppo lungo.

2 ) Prestare attenzione alle parole chiave utilizzate.

3 ) Ottimizzare i primi due paragrafi del comunicato, che devono contenere i messaggi chiave.

4) Utilizzare link per per permettere approfondimenti e ampliamenti dei contenuti, ad esempio articoli di scenario. Inserite solo link realmente concernenti, senza ripeterli più volte.

5) Evitate, per quanto possibile,  qualsiasi tipo di “gergo” tecnologico o aziendale.

6 ) Evitate simboli inutili, come TM e  ® dopo il nome del prodotto o il brand.

7 ) Inserite, se disponibili, altri media di supporto, immagini (quelle leggere per l’online, ed eventualmente un link per quelle in alta definizione) e video, purché linkati e non in attachment.

8 ) Utilizzate l’URL completo del sito web invece del solo nome dell’azienda.

9 ) Se possibile inserite una vera e propria “call to action” per il giornalista, senza dimenticare che  deve realmente offrire qualcosa.

10) Sfruttate le potenzialità dei canali social attivi per diffondere il comunicato.

 

 

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Le PR, queste sconosciute (“What the hell is PR?” Blues)

Nel corso della nostra attività incontriamo talvolta manager e imprenditori che mostrano una discreta (a volte sconvolgente) assenza di cognizioni su cosa siano le PR, quali benefici possano portare al business aziendale, cosa comporta intraprendere una attività di PR, e, soprattutto, cosa è corretto aspettarsi in termini di risultati.

Su quest’ultimo aspetto spesso le attese sono completamente fuori luogo e confondono le attività di comunicazione con dei coupon di sconto o con attività promozionali in senso stretto: “Tanto spendo in PR, tanto voglio vedere in fatturato” “Quanto vendo di più se esce un articolo ?”

E’ evidente che attivare una piano di comunicazione sulla base di una serie di fraintendimenti ed errate percezioni porta inevitabilmente a grandi delusioni e, soprattutto, a non raccogliere i frutti di un’attività di PR realizzata partendo dai giusti presupposti e ponendosi obbiettivi corretti.

Vi propongo come partenza per chiarirsi le idee il bell’articolo “What is PR? A definition for 2015” di Stuart Bruce (qui il link)

“It’s perhaps easier to say what PR isn’t, not what it is. PR isn’t publicity. PR isn’t spin. PR isn’t media relations. PR isn’t getting favourable media coverage and suppressing negative media coverage. However, PR can include these things. PR isn’t the same as marketing or advertising and definitely isn’t a subset of marketing as very often its objectives aren’t sales related and often not even directly finance related.”

Alla prossima…

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“E io non ti presto più il mio pallone” ! (iPhone 6 epic media relations fail)

Credo non ci sia bisogno di raccontarvi la faccenda dell’iPhone 6 Plus. Ormai il “bentgate” è un caso planetario.

Senza analizzare in generale le reazioni di Apple a questo ennesimo “crisis” su un suo prodotto (ricordate la faccenda dell’antenna ?) mi soffermerei su quest’ultima, isterica e infantile reazione di Apple all’articolo della testata tedesca Computer Bild.

La rivista ha avuto l’ardire di occuparsi della cosa e ha pubblicato un articolo in cui mostrava quanto effettivamente fosse facile piegare l’oggetto in questione.

Il non banale problema è stato esaminato in un video di 5 minuti, visualizzato più 460.000 volte su YouTube. (lo potete vedere qui)

Ora, al di là di qualsiasi considerazione tecnica sull’effettiva consistenza e gravità della cosa, sembrerebbe ovvio che le modalità di risposta da parte di Apple avrebbero dovuto consistere, a grandi linee, nell’apertura di una conversazione diretta con la testata, attraverso cui  far valere le proprie ragioni. Media relations basics.

Ovvio, direte voi.

Ovvio per niente.

Un manager delle PR tedesche di Apple ha chiamato indispettito la redazione di Computer Bild comunicando che la testata non riceverà mai più prodotti da testare e non sarà più invitata agli eventi Apple.

Mi riesce davvero difficile immaginare una reazione più insulsa. Verso il pubblico un simile atteggiamento risulta essere la prova definitiva dell’esistenza e della gravità del problema.

Complimenti.

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5 qualità per sopravvivere alla professione del PR (PR Professional Blues)

Qualities_of_PR_Pros

Questo articolo illustra alcune caratteristiche personali che ogni professionista delle PR dovrebbe teoricamente avere.

Ce n’è una in particolare che a volte rappresenta un obbiettivo veramente difficile, legato ai momenti più frustranti della professione: 

“Thick-skinned: In PR, people will shoot down your ideas, ignore you and possibly even insult you. Plus, you’ll likely take a few missteps before you find the right path. That’s why it’s important for all PR professionals—especially potential hires—to have thick skin.

This treatment doesn’t just happen out in the field; some of the best PR professionals have their pitches turned down from time to time. The point is that it’s all part of the business. If you can’t pick yourself up, you’re probably not cut out for PR.

If you don’t believe me, check out some of these high-profile PR blunders to see just what can happen in the world of PR.”

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Usare i social nel modo peggiore.

retrospectiveIl rapporto tra piattaforme social e aziende è talvolta un rapporto davvero tribolato, costellato di mancanza di strategie, ignoranza dell’ambiente social, attese spropositate o completamente errate…

Ma le piattaforme di condivisione delle esperienze, specialmente nel mondo del turismo e della ristorazione, offrono terreno per le peggiori esibizioni di ottusità aziendale,

Questo pietoso caso, in cui un albergo punisce economicamente i clienti scontenti, credo sia tra i più tragicomici di cui abbia letto…

“….A hotel in Hudson, New York, is going to new lengths to avoid bad online reviews: It’s fining guests who leave them.

The Union Street Guest House, which hosts weddings and events, has a clause in itsreservation policy stating that $500 of a couple’s deposit would be held for every bad review from their event’s attendees.”(..)

Qui il link all’articolo

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Marketing B2B e social, è meglio chiarire (Social B2B Blues)

L’utilizzo dei social media nel marketing B2B genera ancora qualche perplessità in più di un’azienda. Ho la sensazione che queste perplessità, sia in fase decisionale, sia quando si è deciso di sperimentare i canali social e si passa ad una fase di valutazione, dipendano molto da un fraintendimento su ruolo e specifiche funzioni del canale, Facebook, Twitter o Linkedin che sia.

Innanzi tutto l’obbiettivo della comunicazione social nel B2B è soprattutto di lungo termine, ed è costituito sostanzialmente dalla costruzione di un rapporto di fiducia e di riconoscimento delle competenze che l’azienda possiede e che ne costituiscono il valore nel mercato.

In questo senso i canali social devono soprattutto rappresentare la “vetrina”  attraverso cui l’azienda mostra di conoscere a fondo il mercato, le problematiche specifiche dei prodotti, di essere aggiornata su novità e trend del momento; si tratta insomma di dimostrare una sua “unicità” rispetto ai competitor.

Ecco che diventa basilare offrire contenuti interessanti, articoli, white paper, segnalazioni di eventi, video, accanto a informazioni più “immediate” quali disponibilità di prodotti, promozioni, eventuali comunicazioni di servizio.

Un altro aspetto non secondario è il fatto che una presenza costante sui social media permette all’azienda di generare traffico per il sito e di migliorare la reperibilità attraverso i motori di ricerca.

Un canale social B2B non genera perciò, per sua natura, i livelli di interazione ampi e rapidi  tipici, ad esempio, della pagina Facebook di un prodotto consumer, e non sarebbe corretto attendersi questo tipo di risultati.

Vero è che è possibile, se le caratteristiche specifiche dell’azienda e dei clienti lo permettono, costruire momenti di interazione ad hoc, ad esempio ponendo un quesito specifico su come i clienti affrontano un dato problemi di business, oppure, sempre per fare un esempio, aprendo uno specifico canale dedicato al servizio clienti.

Qualunque sia il canale social prescelto, l’azienda ha perciò la possibilità di mostrare l’unicità dei prodotti, delle competenze e del valore complessivo offerto ai clienti.  

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Crisis communication, non ci si pensa mai abbastanza. (Crisis Reaction Blues)

Questo articolo sulla recentissima questione dei fornitori di carne cinesi e sulle modalità di gestione della comunicazione da parte dei brand coinvolti, ripropone il tema del crisis management e della preparazione necessaria.

In pillole alcune raccomandazioni base:

1. Agire in modo razionale e non emozionale

2. Dimostrare reale empatia e preoccupazione verso i clienti coinvolti

3. Non prendere a priori una posizione difensiva, siate aperti e proattivi nell’accertamento dei fatti

4. Ascoltare: i social media danno ampie opportunità di ascolto e dialogo costruttivo con i clienti

5. Comunicare attivamente utilizzando i mezzi direttamente a disposizione: sito, blog, pagina Facebook, Twitter. In caso di necessità si può rapidamente mettere in piedi un mini sito o un blog dedicato.

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Comunicazione… ? (Borderline PR Blues)

Questo articolo di Punto Informatico analizza la situazione dopo la dichiarazione di undici grandi agenzie di PR circa il rispetto delle regole di Wikipedia.

Detto in parole semplici e brutali ci si è finalmente accorti che forse non è esattamente particolarmente corretto andare a “ripulire” i profili delle aziende clienti facendo sparire qualsiasi informazione “scomoda”, vera o falsa che sia e magari aggiungerne a piacere…

Anche definirla “attività di PR” è un bel salto mortale doppio carpiato….

Qui comunque il testo della dichiarazione:

“On behalf of our firms, we recognize Wikipedia’s unique and important role as a public knowledge resource,” the statement reads. “Our firms believe that it is in the best interest of our industry, and Wikipedia users at large, that Wikipedia fulfill its mission of developing an accurate and objective online encyclopedia. Therefore, it is wise for communications professionals to follow Wikipedia policies as part of ethical engagement practices.”

 

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Le traduzioni, queste sconosciute… (Translations Blues)

Le attività di marketing e comunicazione sono spesso basate su documenti tradotti dall’inglese. La traduzione è un’attività tutt’altro che banale e, se svolta in modo efficace, costituisce un vero punto di forza e un fattore di successo della comunicazione.

Alcune osservazioni al volo tratte dal sito di Quorum PR:

“Tradurre dall’inglese un testo, sia esso un comunicato stampa, un white paper o i testi di un sito, richiede competenze che vanno ben oltre la semplice traduzione letterale, per quanto corretta essa sia.

Innanzi tutto in ambito ICT occorre una conoscenza di base delle tecnologie di cui si scrive, in modo da inquadrare correttamente i contenuti in termini di pubblici di riferimento e in funzione di una esposizione tecnicamente corretta delle informazioni.

Ma per produrre un contenuto realmente efficace, occorre una “localizzazione” completa del testo, rielaborandone la struttura e il linguaggio, in modo tale da mettere in risalto le informazioni  che sono di maggior “valore” in riferimento al mercato italiano, eliminando ridondanze ed eventuali ripetizioni.”

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