Vestirsi 2.0 e comportarsi 0.0 (Bad Twitter Blues)

Credo valga la pena di dare un’occhiata a questo articolo pubblicato su Violapost.

Ecco, tutte le volte (parecchie) che parlavo di aziende che si tuffano sui tool cosiddetti “2.0”, molto social marketing, molto trendy, senza avere una cultura “2.0” nel rapporto con i propri clienti (esistenti e potenziali), mi riferivo proprio a questo.

(Anche se nella fattispecie non occorreva essere Brian Solis per evitare una idiozia del genere)

groupalia

Per completare il quadro potete leggere i commenti sulla loro pagina Facebook

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Letture consigliate

Questo interessante articolo di PRNews analizza le potenzialità della comunicazione sui social media per le organizzazioni nonprofit.

Qui per leggere l’articolo

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A volte ritornano… (Marketing Zombies Blues)

Dopo un (vergognosamente) lungo silenzio, mi piace riaffacciarmi al mio balconcino online per denunciare (nuovamente) la presenza di un pericoloso zombie che si aggira indisturbato tra noi: il telemarketing selvaggio dei gestori telefonici.

Ieri mattina, nel giro di un’ora e mezza 4 telefonate consecutive da 3 gestori (sì, anche i doppioni…) E naturalmente due dei tre sono già nostri fornitori. Ora io mi domando: i gestori telefonici non potrebbero (cortesemente) spendere qualche euro di meno in pubblicità e dotarsi di un CRM decente che gli permetta di fornire ai propri rivenditori di ogni ordine e grado elenchi di new business che NON comprendano chi è già cliente ?

E visto che siamo clienti, se vuoi coprire anche il servizio che mi sta fornendo il tuo concorrente, visto che sai perfettamente chi sono, dove sono, cosa faccio e quanto consumo, cosa ti costa fare qualcosa di mirato, non invasivo e personalizzato per convincermi ? E perchè i vari rivenditori si spacciano sempre per “La direzione commerciale di Xyz” ? Come se non si capisse …
Lo so che è uno sfogo assolutamente inutile, ma lo dice la parola: è uno sfogo.

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Costa Concordia: un altro drammatico esempio di crisis communication

Vi rimando a questo articolo per alcune riflessioni sul crisis mangement, un tema di cui ho scritto spesso (ed evidentemente cono buone ragioni)

Qui l’articolo

Stralcio:

“….Ecco il punto di vista autorevole di Gianluca Comin, past president Ferpi, Federazione Relazioni Pubbliche Italiana - “Ci si accorge dell’importanza della comunicazione di crisi quasi sempre dopo che la crisi è avvenuta. E sono poche le organizzazioni, aziende o altre, che sono preparate ad affrontare un evento improvviso e catastrofico. Va considerato, poi, che nelle prime ore dell’evento si formano quasi sempre il tono e le considerazioni che poi i mezzi di informazione seguiranno nelle ore e giorni successivi. A una prima impressione di lettore, il caso Costa non è stato affrontato adeguatamente nelle prime fasi dell’incidente, lasciando spazio alla costruzione di ipotesi e di opinioni senza nessun contraddittorio con l’azienda.

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Piccole cose molto importanti (Tiny PR Things Blues)

Se oggi chiedete a un responsabile marketing di un’azienda qualsiasi, B2B o B2C che sia,communications quali sono le competenze che vuole trovare in una agenzia di PR o di comunicazione in genere, sicuramente indicherà tra quelle chiave la conoscenza dei meccanismi e delle dinamiche della comunicazione sui social media, Facebook e Twitter in testa, la creazione e la gestione delle comunità online, la gestione dei contenuti sul web, etc etc .

Tutto assolutamente corretto. ( e molto trendy…)

Però…

Da varie testimonianze di giornalisti di ogni ordine e grado, colgo un paio di spunti per ricordare che comunicare con efficacia richiede anche altre capacità e competenze, che sembrano forse assolutamente minori, banali, superflue, volgarmente “artigianali”….ma che a pensarci bene sono spesso determinati per raggiungere buoni risultati. Ne cito giusto alcune in ordine sparso.

1. L’italiano. E non sto parlando solo di ortografia e congiuntivi (anche quelli contano comunque). Sto parlando, ad esempio, della pessima abitudine di tradurre dall’inglese in modo pedissequo e quasi letterale i comunicati stampa. “Localizzare” un testo vuol dire renderlo pienamente fruibile utilizzando la propria lingua nella sua forma migliore, operando perciò tutte quelle modifiche lessicali e di costruzione che lo rendono chiaro e scorrevole.  

2. Competenze grafiche. Non sono un maestro di grafica digitale, ma se un giornalista mi chiede un JPEG a alta o bassa risoluzione so di cosa sta parlando e sono in grado di inviargli l’immagine corretta. Anche saper distinguere tra una bitmap, un file compresso o un file vettoriale si è rivelata una competenza preziosa: non avete idea di quante pubblicazioni  si possono perdere per questioni di questo genere. Anche un minimo di capacità di fotoritocco veloce non guasta. (Un giorno poi qualcuno mi spiegherà perché tanti inviano le immagini solo dopo averle impastate dentro un file Word, giuste per renderle inutilizzabili…)

3. I tempi di reazione. Molte volte ho ricevuto ( con mio grande stupore) ringraziamenti particolarmente calorosi dai giornalisti per aver risposto “così velocemente” alle loro richieste. Ora, io trovo sia parte fondamentale del nostro lavoro offrire un supporto a chi lavora nei media, soprattutto quando ha evidentemente intenzione di parlare di un mio cliente….   pare invece che la norma sia rispondere dopo giorni (quando viene data una risposta). Non posso fare a meno di domandarmi cosa accidenti fanno di così più importante per i loro clienti gli account delle agenzie in questione, se trascurano l’ABC del loro mestiere… E se non ho sottomano ciò che il giornalista mi chiede, trovo doveroso rispondere subito e dire:  “non ce l’ho ma lo cerco e ti so dire entro quando te lo mando”, oppure “mi spiace non posso aiutarti”.

Buon weekend a tutti.

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Sempre caro mi fu quel nuovo cliente…

advertising…Alla fine, il rischio è che queste aziende siano sempre meno “umane”, qualunque attività sui social media metteranno in essere, perché le relazioni si costruiscono con i vecchi clienti, non con quelli “nuovi”, che loro continuano a preferire. Al di là delle enormi economie di scala che possono mettere in campo, potrebbero alla fine creare spazio a nuovi competitor più snelli, con meno complicazioni sul groppone, che costruiscono pacchetti più semplici e uguali per tutti, superando il concetto della conquista del nuovo cliente e della promozione complessa come unica fonte di competizione….

Una atteggiamento delle aziende che viviamo tuti i giorni sulla nostra pelle e che, come spesso accade, viene perfettamente raccontato dall’impareggiabile Minimarketing.

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Ma cosa sono queste PR ? (Monday Readings Blues.)

Sul NY Times si parla di Relazioni Pubbliche oggi: come le definiamo ?

…“Before the rise of social media, public relations was about trying to manage the message an entity was sharing with its different audiences,” Mr. Lavelle said. “Now, P.R. has to be more about facilitating the ongoing conversation in an always-on world.”

http://www.nytimes.com/2011/11/21/business/media/redefining-public-relations-in-the-age-of-social-media.html?_r=1

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It’s Not the Metrics. Your Marketing Just Sucks. (Bad Marketing Blues)

robin_headshotQuesto bel post di Robin Cangie offre molti spunti di riflessione.

Segnalo in particolare:

“…..I don’t mean sprucing up your Facebook page, tweeting more often, getting more blog comments, bringing in more short-term leads, having snazzier creative, collecting even more data about your customers to perform creepy behavioral retargeting or any of the things you’ve been doing in the past.

Here are some of the things I do mean:

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Lettura molto consigliata.

I post di Gianluca sono una lettura consigliata per chiunque si occupi di marketing, online, offline, behind the line, etc etc.

Queste sue riflessioni non fanno eccezione.

social-media-websitesRiporto le ultime righe, che andrebbero scolpite nel granito e appese in molti uffici marketing:

“…prima di pensare a una strategia social per la vendita online, pensate a una strategia per la vendita online, anzi, pensate a una strategia per la vendita. Anzi, pensate a una strategia qualunque.”

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Tanto per restare in tema…

Da un tweet di Pamela Guerra colgo questo bel post “Are there any ethical bloggers left out there? “ che vi invito a leggere.

E riporto le considerazioni conclusive:

“…I’m also seeing a growing number of bloggers routinely featuring their customer in blog posts. Are they directly or indirectly being paid for these posts and links, or simply being polite? Do blog readers notice this like I do? Do they care? Are we just getting numb to it? Or is it smart business?

When I get inquiries like the one above, I wonder if I am that much out of step with the times compared to other bloggers.  Am I simply idealistic?  Stupid?  Surely I can’t be the only one taking a stand on this kind of graft, right?  What do you think?  Would you take the money?…”

Commenti ?

Vedi anche questo post.

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