Carrefour: le considerazioni proseguono.. (Late PR Blues)

Allora, l’aggiornamento del giorno è che l’AD di Carrefour ha telefonato a Barbara

E fin qui va bene. Anche i contenuti della telefonata sono interessanti: ““Non vogliamo insabbiare il caso, ma farne un evento per far sì che non si ripeta e che tutto il nostro personale stia più attento” Luca de Biase commenta “Bene… Il caso si avvia a diventare memorabile per gli ottimisti”

Speriamo siano intenzioni serie

Ma , vorrete scusare la mia malignità, ci hanno messo troppo. Così mi rimane la sensazione che sia tutto il frutto di lunghe e frenetiche riunioni interne dove ci si è chiesti ansiosamente cos’era la cosa migliore da fare… ma davvero ci voleva tanto ?

Sono perfido e velenoso ? Avete ragione..

P.S. mancano sempre all’appello gli altri attori della vicenda.

Per approfondire, oltre al post di De Biase vi consiglio, tra i moltissimi, quello di Mauro Lupi.

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Carrefour: considerazioni a freddo (Crisis Management Blues)

Al di là del sacrosanto sdegno che ha suscitato l’inqualificabile comportamento delle persone coinvolte nel caso del Carrefour di Segrate, (di cui al post precedente) vorrei fermarmi un attimo e fare a mente fredda alcune osservazioni dal punto di vista del comunicatore.

1. Al di là del fatto che Carrefour sia stato il diretto responsabile dell’accaduto o meno, non mi sembra ci siano dubbi sul fatto che dal punto di vista della gestione della reputazione, era Carrefour che doveva “rispondere”, e la risposta, a mio parere, doveva essere più veloce e più consona all’ambiente in cui la protesta si è sviluppata, ovvero la blogosfera. Come ho già scritto, la cosa migliore sarebbe stata che un alto esponente di Carrefour postasse un commento sul blog di Barbara.

La risposta standard alle emai di protesta non può essere l’unica reazione. Non entro qui nel merito dei contenuti della risposta.

2. A parte l’intervento diretto di un esponente di Mattel nel blog, sono clamorosamente mancate (se sbaglio correggetemi) le dichiarazioni della Walt Disney Italia (la committente della manifestazione è lei, non Carrefour che la ospitava) nonchè l’agenzia che (a quanto mi risulta) ha gestito operativamente la promozione, la Idtime.

Vediamo cosa succede…

Aggiornamento: mi piace molto questa considerazione di Luca De Biase:

“Il caso Carrefour resterà nella memoria di tutti. Il modo in cui Carrefour e le persone che lavorano per Carrefour ne usciranno farà scuola. Nel bene o nel male. Ma di una cosa possiamo stare certi. Questa storia resterà nella memoria. Verrà ripetuta cento volte. Carrefour non ne uscirà soltanto aspettando che sia dimenticata. Perché non sarà facile dimenticarla.”

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Segnalazione Carrefour (Crisis , what crisis Blues 2)

Vi segnalo questa tristissima storia, e il post di Luca Conti (date un occhio anche ai commenti)

Quanto ci metterà Carrefour a reagire ? Cosa farà ?

Stiamo a vedere…

Aggiornamento: Kawakumi riceve una risposta.. e altri hanno ricevuto la medesima.

Osservazione: forse sarebbe stato un filino più opportuno, prima di sparare il comunicato stampa in formato risposta automatica, che qualcuno di Carrefour commentasse in prima persona sul blog di Blackcat…

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Su un’altro pianeta (Crisis ? What crisis ? Blues)

Credo che molti di voi abbiano avuto modo di leggere della tragedia del latte in polvere che ha già ucciso due bambini in Cina e che ne ha messi in condizioni critiche centinaia. (vedi qui)

Se non vado errato, la faccenda è diventata di dominio pubblico da almeno tre giorni.

Ma se andate sul sito della Fonterra (che controlla gli stabilimenti da cui è uscito il latte contaminato) non ne troverete traccia. Nemmeno uno straccio di dichiarazione, indicazioni sul fatto se esista o meno il rischio che la contaminazione abbia potuto interessare altri prodotti, dove siano stati distribuiti, etc.

Nulla.

Complimenti.

AGGIORNAMENTO: finalmente una reazione

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Corporate blogging, facciamo il punto ? (Blogs Opportunities Blues)

Di corporate blogging abbiamo conversato spesso e volentieri, sotto vari punti di vista.

Mi sembra opportuno proporvi un breve compendio dei temi di cui ci siamo occupati. Alan Weinkrantz mi da’ una mano : un suo recente white paper riassume molto bene le riflessioni che abbiamo a più riprese sviluppato circa le opportunità offerte alla comunicazione aziendale dalla blogosfera. Alan fa in particolare riferimento alle aziende del mondo IT, (che sono quelle di cui mi occupo professionalmente) ma le considerazioni sono comunque valide in assoluto.

Ve lo propongo (liberamente tradotto e adattato) per ulteriori riflessioni e commenti.

Il blogging, dopo essere stato a lungo percepito come mero strumento di sfoghi personali online, è ormai pronto per essere accolto e utilizzato come strumento strategico di comunicazione tra le aziende e i propri clienti. I blog sono luoghi aperti e aggiornati dove poter trovare informazioni “fresche” e utili su trend di mercato, nuove tecnologie, utilizzi del prodotto, ect. E i blog sono anche il luogo ove è possibile instaurare un dialogo aperto e franco su bisogni e aspettative dei clienti, sulle effettive capacità di risposta dell’azienda, e sulle decisioni che plasmeranno il futuro dell’azienda stessa.

Dunque perchè “bloggare” ?

• Il blog è informale e conversazionale. Va oltre gli hype di marketing e la comunicazione strutturata convenzionale.

• Il blog è a due/molte vie. Crea un “campo di gioco” su cui intervengono utilizzatori delle tecnologie, manager, sviluppatori, venditori, e chiunque desideri partecipare.

• Il blog è un contenitore per idee, implementazioni, applicazioni e scoperte.

• Il blog rispetta i clienti, li invita a fornire feedback e input, e li coinvolge nel disegnare il futuro dell’azienda.

• Il blog da’ forza / potere ai dipendenti. Li aiuta a creare i prodotti che i clienti desiderano e a risolvere i loro problemi. Attraverso il blog i dipendenti contribuiscono a costruire e mantenere un’immagine positiva dell’azienda e dei suoi prodotti, e ne presentano il volto umano.

• Il blog può anche non essere completamente gratuito, da una prospettiva aziendale, ma è comunque uno strumento low-cost per sviluppare una comunicazione nuova, “fresca”, efficace e per supportare il canale utilizzando risorse esistenti.

• Attraverso il blog l’azienda adotta il linguaggio degli analisti di mercato più influenti del momento. I clienti più attenti leggono i blog degli analisti, e i migliori analisti prestano molta attenzione ai blog delle aziende.

• Il blog è immediato, provocatorio, reattivo e dinamico. E’ ciò che accade ora.

• Le riviste di settore riportano di fatto notizie “vecchie”. Se è importante, è nei blog di oggi.

• Il blog permette all’azienda di essere trovata facilmente da giornalisti, analisti e, ovviamente, altri blogger. La aziende che svolgono una efficace attività di blogging migliorano il proprio ranking, migliorano il proprio media coverage, e sono considerate più autorevoli in riferimento alle tecnologie di cui si occupano.

Altri punti di vista ?

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Chrome Communication (Google Blues)

Come si comunica il lancio di un nuovo browser nel settembre dell’anno di grazia 2008 ? Comunicato stampa ? Conferenza stampa ? Facciamo un white paper con Gartner ?

Nossignori.

Si pubblica un fumetto su un blog

Guarda, rimanga fa me e te, ma davanti a certe cose capisci perchè oggi Google è Google.

Standing blogging, please. 

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Rientrato… (Back to Office Blues)


Con ancora qualche granello di sabbia addosso, eccomi rientrato dalle vacanze. Non appena riavuto dall’esame e selezione della posta (elettronica) il blog riaprirà … ma non abbiate fretta grazie….

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Ci diamo un taglio ? (No Value Press Releases Blues)

Ci siamo chiesti più di una volta se il comunicato stampa non sia per caso morto, nonostante il fatto le aziende continuino a utilizzarlo.

C’è chi invece affronta la questione sotto un altro punto di vista, e suggerisce di non porsi nemmeno la domanda, di non esaminare il comunicato per capire se respira ancora e come, ma di dargli un sacrosanto, volontario e definitivo colpo di grazia .

La provocazione è interessante, e stimola un po’ di riflessione su come e quanto il comunicato viene oggi utilizzato e, soprtattutto, sugli strumenti alternativi ( e forse più ricchi e efficaci..) al comunicato.

Tapio Liller sul suo blog Open Source PR ci pone il seguente quesito: what if we axed press releases altogether ?

Credo che la situazione descritta dal buon Tapio sia un bel “déjà vu” per molti professionisti delle PR europee:

“…. “If you want PR for your firm, write press releases. The more the better, ideally at least one or two every week.” So, or similar, goes the song that at least the majority of US tech companies sing when they hire a European PR agency. They want us to replicate what they do in the States: flood the media with heaps of – let’s face it – useless, meaningless, hollow, fake, gibberish bullshit. Elsewhere on the web there’s a name for that sort of unsolicited messages. It’s called spam.”

E allora ?

Le parole d’ordine sono sempre le stesse: valore e contenuto. Tapio esemplifica così:

“I work in tech and digital media PR. In Germany that’s not the area where you get a lot of spontaneous inquiries from journalists. You have to earn their attention. With good stories, genuinely interesting interview partners, and with a pitch with no strings attached. If they happen to like your story the moment you call, great! If they have a different agenda for today, fine too! If they know you, they’ll be open to listen to you again next time – or even call you when they have a story coming up that your client would add an interesting angle to. It’s all about relationships. Press releases don’t carry relationships. So why rely on them to “get ink”? “

E vale la pena soffermarsi sui tre suggerimenti di Tapio per “uscire” dal comunicato stampa fine a se stesso:

“In a world without press, and without press releases, your audience would still be looking for answers on the web. If there’s no press to carry your story and make it findable, you’ll have to take care of that bit yourself. Publish! Blog! Talk about yourself, what you’re up to, what bothers you, what your plans are. Let the people looking for answers get to know you better. That’s the first bit.

The second, and even more important part is: Talk about your customers, your clients and their problems. And how you solve them. You have a great product? Talk about how it solves its buyer’s problems. You sell services? Let your audience know what they can achieve by giving you their custom. You help THEM find answers to THEIR problems.

Thirdly: Listen. Listen hard. And even harder. Because only by understanding the problems and questions of your peers, customers, prospects, etc., you will be able to give good answers.”

Interessante no ? Meditate marketing manager, meditate…

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Primi passi nei social media (Social Media Beginners Blues)

Vi segnalo l’interessante post del sempre stimolante Shel Holz circa le varie modalità con cui un’azienda può “aprirsi” ai social media.

Shel suggerisce che il blog può anche non essere necessariamente il primo passo.

Una proposta interessante capace forse di “bypassare” più di una remora. Qui il link.

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B2B communication: naturally social (?) (B2B Blues)

Colgo al volo e vi ripropongo un interessante parere di Shel Holtz sulle opportunità offerte dai social media alla comunicazione B2B. Il post ha un titolo inequivocabile “Social media and B-to-B: made for each other”

Sostiene il buon Shel: “Il vantaggio offerto dai social media alle aziende B2B è semplice: è tutta una questione di relazioni. Le aziende B2C hanno spesso l’esigenza di inviare messaggi a gruppi di persone molto ampi e relativamente “amorfi”. Nel B2B invece le aziende conoscono bene e direttamente clienti e prospect. I social media offrono alle aziende B2B un canale di conversazione che li mette in relazione con ciascuno di essi, cosa altrimenti impossibile”     

Negli USA il concetto pare abbastanza noto, dato che in una ricerca Forrester del 2007 la ricercatrice Laura Ramos indicava che il 40% dei B2B marketer intervistati utilizzava blog, social network e user-generated content nella loro attività di comunicazione. 

Significativa la testimonianza di Jonathan Schwartz, CEO di Sun. 

“Io non ho il budget pubblilcitario per raggiungere con i nostri messaggi, ad esempio, tutti gli sviluppatori Java che lavorano su applicazioni per telefoni e palmari nel settore sanitario. Ma uno dei nostri sviluppatori, solo trovando un po’ di tempo per gestire un blog, può svològere un lavoro di grande efficacia per trasmettere i nostri messaggi a una audience attenta e appassionata”

Noi stiamo sviluppando progetti di questo genere anche in Italia, ma la strada è lunga e le resistenze culturali sono tante e davvero frequenti.

Concludo con un’altra considerazione di Shwartz:

“I don’t just sell to my customers, I love my customers. I embrace my customers and ask them to embrace me, . I ask them for their insights and input. As a result, the products we build become assets of those communities. Somebody who feels part of a community is going to be a much more aggressive evangelist for our products than someone who just paid $29.95 for it at a big-box retailer.”

 

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