Nomi pericolosi (Filtering Internet Blues)

Certo che avere certi nomi oggi è davvero un problema.
E non sto parlando di cognomi ridicoli o omonimie imbarazzanti.
 
Il problema può riguardare persino una regione … o una contea. 
 
Credo che ormai molti, in azienda come in casa, dispongano di filtri che bloccano siti pornografici o comunque a contenuto erotico e sessuale in genere. Oltre che far riferimento a  liste specifiche, questi sistemi analizzano l’URL della pagina. E qui cominciano i problemi.
 
Pochi giorni fa dovevo visitare il sito di una contea inglese, un rispettabilissimo sito governativo, per informarmi su un progetto RFID riguardante le biblioteche pubbliche.
Peccato che il sito in questione fosse quello del … Sussex.
Mi domando: ma in quanti riescono a visualizzare le pagine di quel sito ?     
 
Altro che “niente sesso siamo inglesi”… 
 
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Siamo tutti spammer (Spam tragedy blues)

I dannati spammer alla fine hanno vinto: ormai sono uno di loro.

Mi spiego. La crescente massa di schifezza indesiderata che impesta le nostre caselle email  ha reso la comunicazione via posta elettronica un vero incubo. Ne ho una misura precisa grazie al mio account di posta Gmail, che filtra, devo dire in maniera egregia, i messaggi che ricevo. In tre giorni lo spam (che viene utilmente bloccato sul server e non viene inviato al client) ha raggiunto quota 525 messaggi.  

Non male, eh ? Il risultato di tutto questo è che ormai tutte tutte le organizzazioni dispongono, giustamente, di un loro sistema di filtraggio, il che comporta che ormai un giorno sì e uno no scopro che qualche cliente non ha ricevuto un mio messaggio, bloccato chissà per quale motivo come spam, ma magari ha ricevuto i 6 successivi. E viceversa.

Insomma, chi usa l’email per lavorare vive in un incubo costante. E mi domando cosa ne pensano gli email-marketers.

Ormai verifico che, a parte venditori di Viagra, copie perfette di Rolex  e comunicazioni di vincite miliardarie, spesso anche campagne di email marketing firmate da nomi illustri finiscono nel girone dei dannati.     

Ma forse sono l’unico a preoccuparmi. Una ricerca di Jupiter di cui leggo su eMarketer mi segnala che la maggiore proccupazione degli email-marketer sia : ‘Who gets this stuff and who reads it?’ e cioè :

…In other words: “Exactly who did we send this mailing to and what did the responses (or lack thereof) mean?”

“The ability to analyze customer data in meaningful ways is more important than ever for marketers,” said Elaine O’Gorman of Silverpop. “Driving Web site traffic, personalizing content and improving ROI can’t happen without sufficient levels of customer data and sophisticated analysis of that data.”

Vabbé, lo spammer sono io e sono problemi solo miei …. 

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Anche Forrester è d’accordo con me … (Blogosphere blues)

E anche Forrester ha prodotto il suo studio sulla blogosfera. L’ha presentato la scorsa settimana durante il Forrester Consumer Marketing Forum a Londra.
Vediamo le cose più significative.
 
Gli analisti ci dicono che stimano in circa 4 milioni gli Europei che  scrivono attivamente sui propri blog.  Il 57% dei blogger appartiene a paesi latini: Francia, Italia e Spagna. Il blogger medio trascorre online almeno 16 ore “attive” alla settimana. L’ 80% controlla la posta elettronica e i messaggi quotidianamente. I blogger passano più tempo online che a guardare la TV (il che ci qualifica come sicuramente più informati…).
 
Ma veniamo a un punto che trovo più interessante: “Forrester analysts advised marketers to understand bloggers’ characteristics before entering the blogosphere. Forrester also Research recommended that firms get active bloggers on their side.”
 
Alleluja ! Chissà se ora che l’ha detto Forrester qualche azienda comincerà a pensarci.  ( Osservazione al volo : per ricevere queste raccomandazioni, che il sottoscritto come molti altri distribuisce da un bel po’ “aggratis”, magari  un po’ di aziende avranno anche dato una montagna di Euro ai signori analisti… Ma va be’ , io faccio il “PR” mica il consulente…. ) 
 
Sentite poi Forrester circa la capacità di influenza sui brand : “Active bloggers can make or break a brand in less than a day. Firms shouldn’t fake a relationship with them or they will experience a backlash. To get bloggers on their side, firms should gain bloggers’ trust by establishing an honest and transparent relation with bloggers first. They should get to know them and give them the tools to connect easily with their peers and pass along messages.”
 
Jaap Favier, research director di Forrester conclude: “To thrive in an era of social computing, companies must abandon top-down management and communication tactics, weave communities into their products and services, use employees and partners as marketers, and become part of a living fabric of brand loyalists”.
Grazie Jaap. 
 
 
P.S.: scopro che la ricerca, di sei pagine è venduta a  249 Dollari sul sito Forrester ….
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Blogs for sale (Marketing Attack Blues)

L’articolo di Jeff Jarvis sul MediaGuardian riapre, ce ne fosse bisogno, il delicato tema del rapporto tra marketing communication , PR e blogging.
 
Circa le ultime “iniziative” con cui le aziende cercano di approcciare la blogosfera , il giudizio è netto.  Su BzzAgent, Pay Per Post, Review Me, Jeff non ha dubbi. “…they try to exploit and hijack the conversation, to turn my virtual neighbours into hucksters, to undermine the genuineness and reputation of online interaction.”
 
Jeff insiste sulla necessità di trasparenza assoluta, ad entrambe le parti: “..  I was trained that advertisers could buy ads but could not buy my opinion, voice or reputation, and that if I sold any of those, I’d sold my soul. I think it’s a good rule, a benchmark of credibility. But even for those who still want to buy word-of-mouth, I say they are attacking marketing from the wrong end. This is what I advised them on my blog: you cannot buy our word of mouth. It’s ours. You cannot buy buzz. You have to earn it. The only way to get either is to create a good product or service and to treat your customers with respect by listening to and being open and honest with them.”
 
Credo che l’opinione di Jeff possa essere largamente condivisa. L’approccio del marketing verso i blog non può essere quello di “acquistare”, in un modo o nell’altro, lo “spazio” dei blog come se fossero potenziali pagine pubblicitarie.  
 
Mi sembra, come ho avuto già modo di sottolineare molte volte, un atteggiamento che denuncia una preoccupante mancanza di comprensione della natura del fenomeno,  della sua portata e del suo portentoso impatto nei rapporti tra aziende e consumatori.
 
Circa un altro aspetto della questione, quello dei blog creati dalle aziende, rimando ad una recente e interessantissima  conversazione nata su Marketing Arena, .
 
 
 
 
 
 
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Art Communication (Critic Language Blues)

“La ricchezza della ricorsività non viene alla luce solo nell’addizione e nella mera ripetizione. Prende vita, soprattutto, attraversando una serie di ritrovamenti, reperti simili di entità diverse tra loro. Perché la ciclicità, l’insistenza collezionistica, l’infinita accumulazione di uguali assottigliano i confini della definizione. Così persino gli elementi di scarto, oggetti rugginosi, possono compenetrarsi, annullandosi man mano che arrivano a completamento. E l’arte sfida il dissolvimento dell’accumulazione, sfruttando le analogie e le politure che ne derivano, raggiungendo le affastellanti abrasioni della perdita. In fondo, giù fino all’essenza.”
 
Giuro, volevo solo leggere di una mostra che mi aveva incuriosito, e mi sono trovato davanti questa “spiegazione” critica.
 
Ma possibile che l’arte non si possa comunicare, spiegare in un modo un po’ meno inaccessibile ? Se qualcuno ha una traduzione sotto mano, prego, illuminatemi.
 
L’ho trovato qui.
 
 
(Foto: Wassily Kandinsky, Softened Construction, 1927)

Precisazione: il quadro non c’entra nulla col commento critico, semplicemente adoro Kandisky…
   
 

 
 
 
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Sapori di cattivo gusto (Gorgonzola Blues)

L’esimio Consorzio di tutela del Gorgonzola ha lanciato (temo ri-lanciato, perchè l’anno scorso mi era sfuggita…) una campagna pubblicitaria che, a mio modesto parere, è lontana anni luce dalla missione di diffusione della cultura dei sapori e della difesa dei prodotti tipici o da qualsivoglia obbiettivo che dovrebbe essere proprio di un consorzio di tutela di un prodotto tipico.
 
Ora, passi per chi “le patatine le ha provate tutte”, (tutto sommato  mi ha fatto sorridere), ma la procace bellezza mediterranea che esibendo le sue prorompenti forme chiede “L’hai mai provato con le pere ?” beh, questo mi sembra davvero becero. 
 
Forse sono intriso di cultura Arcigola Slow Food, ma trovo che se questo è il modo di promuovere i sapori tipici,  è meglio che l’esimio consorzio lasci perdere. E magari l’agenzia di pubblicità l’hanno pure pagata….   
 
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30.448 (Authority Blogs Blues)

30.448: un bel numero, su cui probabilmente si apriranno discussioni corpose e interminabli.
Insomma, 30.448 sono i “30,488 high authority and very high authority blogs”  indicati nello State of the Blogosphere  dal buon David Sifry.
 
Sono tanti ? Sono pochi ? Ha senso questa cifra ? Secondo me un po’ ne ha , ma resto fondamentalmente dell’idea, magistralmente espressa da Minimarketing  che “ la blogosfera non ha un centro, ma infinite nicchie di interessi e influenze incrociate.”
 
Insomma, l’ autorevolezza assoluta ha un senso, ma è limitato e chi si occupa di comunicazione deve tenerlo ben presente. 
Se penso, ad esempio, alle tecnologie di search, i blog autorevoli, che sono forse 4 o 5, non sono certamente tra quei 30.448, ma sono quelli che ascolterò con attenzione e sono i miei ”influencer”.  
 
Anche gli altri numeri offerti hanno un significato davvero discutibile. I 57 milioni di blog ad esempio: 26 sono spam o abbandonati, e anche i restanti 31 milioni considerati “attivi” solo perchè aggiornati almeno una volta negli ultini tre mesi, non mi sembrano significativi; credo che chiunque di fronte a  un blog dove l’ultimo post risale a tre mesi fa, lo considererebbe un povero blog abbandonato… 
 
 
 
 
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Il marketing degli struzzi. (Ostich Marketing Blues)

Non credo che a chiunque navighi abitualmente il web  sia potuta sfuggire la faccenda delle batterie difettose di Sony e dei richiami effettuati da numerosi produttori di notebook. L’ultima notiza in merito è qui su Punto Informatico .
 
Difficile immaginare una questione più di dominio pubblico e attuale di questa.  E non è che se ne parli esattamente da oggi. 
 
Ma se fossi qualcuno con batterie Sony a bordo, e volessi sapere cosa succede, magari per prima cosa andrei sul sito Sony e mi aspetterei di vedere in home page una cosa, qualsiasi cosa, che mi dia un’informazione. Non so, un linkino del tipo “Campagne di ritiro batterie per notebook”, magari anche solo con un rimando ai siti dei produttori e due righe di spiegazione …
 
Ovviamente nulla. Come se nulla fosse. Provo alle pagine di assistenza: il vuoto. Provo a scavare un po’ di più e vado nella pagina delle”comunicazioni”. Ci sono alcuni avvisi riguardanti batterie, ma non si riferiscono alla questione di cui sto cercando. Faccio un estremo tentativo nella “press room”, ma anche lì niente. 
 
Ah, ma allora è tutta una montatura, la solita leggenda del web. Eh, sarà colpa del solito blogger maldicente che semina disinformazione… questo sì che è un problema…. 
 
P.S. se qualcuno ha trovato tracce che mi sono sfuggite, faccio ammenda, ma fatemelo sapere.
 
 
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Se i mercati sono conversazioni… (Autopilot Communication Blues)

Ecco, forse è il caso di tirare un po’ le somme da tutto quello che è emerso dal caso Edelman / WalMart / Technorati  e  prendere deifinitivamente atto di un paio di cose.
 
Prendo spunto da alcune stimolanti osservazioni di Jim Nail, membro del WOMMA , sul blog di Cymfony
 
Per anni e anni le PR si sono occupate di trovare interessanti e intelligenti storie da raccontare e l’angolazione migliore da proporre a media e consumatori. In fondo anche il marketing fa la stessa cosa, ma la chiamano “posizionamento”.  Ogni nuova strategia parte dal presupposto che occorre magnificare le positività e negare le negatività. Esagerazione, accurata selezione dei fatti da raccontare, creazione di messaggi suadenti sono stati di fatto, sino ad oggi,  la materia prima della comunicazione.
 
Ma il nuovo scenario, la crescente diffidenza verso la pubblicità , il desiderio di nuove fonti di informazione e di occasioni di confronto rendono questo armamentario non solo obsoleto, ma anche controproducente. Una nuova  campagna, di PR o di pubblicità che sia, deve confrontarsi con atteggiamenti radicalmente nuovi e “filtri” sino a pochi anni fa impensabili.   
 
Ormai gli esempi non si contano più.
 
La conclusione del ragionamento la lascio direttamente a Jim:
 
” Marketing and PR have been on autopilot for decades. The collision warning system just alarmed us that we’re heading straight into the side of a mountain.”
 
 
Immagine di James Marsh
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Avanti un altro ! (10.000 Visits Blues)

Sitemeter mi segnala che siamo a  9.999 visite… allora ? Il prossimo ?!?!
 
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