Giù la maschera (Transparency Blues)

La storia che ci segnala Jim Horton è davvero interessante. Il Washington Post   narra una vicenda di giornalismo istruttiva per chiunque si occupi di blogging , di relazioni pubbliche e di comunicazione in generale. 
 
Michael Hiltzik, giornalista che scrive sul  Los Angeles Time e vincitore nel 1999 di un Pulitzer, ha  dovuto ammettere pubblicamente (perchè scoperto) di aver postato messaggi di commento (piuttosto salaci) su altri blog e siti usando pseudonimi anzichè il suo nome. E allora ?, direte voi.
 
Beh, dove la cultura dell’informazione considera la trasparenza un valore di base, la cosa ha destato scalpore. Con tanto di inchiesta interna del Los Angeles Time , la cui policy aziendale prevede:  ”editors and reporters to identify themselves when dealing with the public.”
 
Trasparenza.  E’ la base della fiducia in quello che si legge, online e non. Ecco perchè mi fanno orrore i fake blog,  i blogger che commentano i prodotti di una azienda dimenticando di dire che sono pagati da quella azienda, come dipendenti o come comunicatori “ombra”, e via dicendo.  Ne ho parlato spesso, ad esempio qui, qui , e qui.
Ma mi sembra di non parlarne mai abbastanza.
 
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PR menace (Blogger Power Blues)

Ma siamo davvero così pericolosi ? Un povero singolo blogger può davvero minacciare un potente e affermato brand ? Secondo uno recente studio di  Jupiter Research  (Consumer Created Content) le aziende che ignorano le opinioni dei blogger e dei commentatori possono andare incontro a “ public relations disasters”.

Il cuore della questione mi sembra ben sintetizzato dal commento di  Julian Smith, autore del report:

“Organisations ignoring community-based influencers face the danger of small-scale disgruntlement being exposed to a mass audience, resulting in a disproportionately large-scale public relations problem that can directly affect their bottom line”

Per chi segue con un minimo di attenzione le vicende della blogosfera, non è certo una folgorante rivelazione. Basta la sola epopea del DRM di Sony BMG a chiarire il concetto. Ma è interessante osservare che chi predica da tempo questi concetti,  spesso sbeffeggiato o guardato con divertita sufficienza dai comuncatori aziendali, si trova ora affiancato anche dai grandi e affermati analisti di mercato, ad esempio Forrester   e Gartner, o prestigiose università.

E’ comunque da sottolineare come la blogosfera venga spesso vista non come opportunità  di comunicazione, ma piuttosto come minaccia, pericolo destabilizzante, mina vagante che può esplodere sotto la delicata chiglia di un brand apparentemente solido e affermato.

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L’elefante (Managers View Blues)

Il sempre attento Jim Horton si sofferma sull’interessante fenomeno dell’azienda vista dai suoi menager e sulla difficoltà che  il comunicatore può incontrare nel definire un posizionamento che sia al tempo stesso corretto e credibile.
 
La favola indiana dell’elefante descritto da 6 uomini ciechi da’ l’opportunità a Jim per mettere a fuoco il ruolo del consulente di Relazioni Pubbliche in questo frangente.
 
“Without an organizing point of view, a company is a body of facts moving in some coordination but without essential meaning. However, the hard part of positioning is not so much arriving at a point of view but getting everyone to agree on what it should be. Positioning is political. It is a consensus that might not be exactly right but is good enough for what a company needs.

From a PR perspective, good enough is usually acceptable. However, there are positionings that are incredible. Most are imposed on the facts with ways obvious to impartial observers, even if insiders cannot see it that way.

A proper positioning doesn’t make a firm exciting. It might be just a (FILL-IN-HERE), even if the firm has a solid grip on the marketplace. Positioning is a starting point. From the few words one uses to describe a business come story angles that help one explain its larger meaning.”

 
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Blogger o corporate (re)-writer ? (PR blogging blues)

Scopro, via  Joel Ceré, che Wal-Mart,  la più grande catena distributiva del mondo, ha ”incorporato” la blogosfera nella propria strategia di comunicazione , e lo ha fatto in un modo che ha destato commenti discordanti. 
 
Nientepocodimenochè il  New York Times ha dedicato a questa operazione un articolo il 7 marzo scorso. Il giornalista del NYT ha rilevato che la maggior parte dei blogger  ”ingaggiati” da Wal-Mart non fanno altro che un mero “copia e incolla” dei materiali che ricevono dall’agenzia di Relazioni Pubbliche di Wal-Mart, il tutto senza chiarire in alcun modo i loro rapporti con Wal-Mart.
 
Il buon Joel osserva: “This excellent article raises some valid questions about bloggers’ “independence” and what they should disclose to their readers. It seems to me that on the long-term, bloggers who churn out press-releases or have affiliation with companies, but do not disclose them will loose their readers’ trust, thus deflating the very own reason why they were worth engaging with at the first place. From a PR standpoint, it provides an interesting challenge: how to drive communication agenda with bloggers while preserving their authenticity ?”
 
Inutile dire che, a mio parere, questo utilizzo della blogosfera non va molto più in là dei fake-blog di cui ho già parlato in altre occasioni . Mi sembra abbastanza triste che ancora una volta il blogging venga ”uilizzato” in un piano di comunicazione in un modo così grossolano e, soprattutto, poco trasparente. 
 
Che il management di Wal-Mart non sia capace di cogliere il significato della blogosfera e finisca per vederla, come spesso accade, come semplice canale di trasmissione dei contenuti corporate, ci può anche stare, ma la sua agenzia di PR ?….      

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70 e non più 70 – Rispolverando un vecchio manuale di Relazioni Pubbliche (Blog PR Blues)

Ci sono libri che non invecchiano mai, idee e osservazioni che conservano freschezza e integrità anche dopo secoli.

Senza voler andare così in là nel tempo, il buon Steve Rubel ci ripresenta, commentandole dal punto di vista del blogger, alcune considerazioni che hanno settant’anni, ma non li dimostrano.
Il libro in questione è un famoso manuale degli anni ’30 di Dale Carnegie, “How to Win Friends and Influence People”.

Ecco di seguito alcune considerazioni su come gestire i rapporti con gli altri e, in corsivo, come estendere oggi il concetto ai blog :

* Non criticare, condannare, lamentarsi . Sviluppa o costruisci il dialogo, anche se non sei d’accordo.

* Dai importanza alle persone, elogia la loro parte migliore. Linka i post con cui sei in disaccordo, ma sottolinea anche le parti con cui sei d’accordo.

* Ottieni dalle persone quello che desideri, risvegliando i loro desideri. In altri termini, realizza i loro sogni

E ora, “Sei modi per piacere agli altri”:

* Interessati sinceramente agli altri. Leggi molti blog per avere più punti divista e prospettive diverse.

* Sorridi. Metti una tua foto sul blog

* Ricorda e usa i nomi delle persone. Ricorda dove hai letto le cose e linka o cita il blogger che le ha scritte.

* Incoraggia gli altri a parlare di se’ stessi e ascoltali. In altri termini, benvenuti i commenti.

* Discuti su ciò che interessa l’altra persona. Offri valore ai tuoi lettori.

* Fai sentire importanti le altre persone. Accetta il feedback con serietà e adattalo quando necessario.

Ah, questi americani, già settant’anni avanti…

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La cassetta degli attrezzi (New Tools Blues)

Grazie al nostro sempre attento Steve Rubel scopro la stimolante immagine che vi propongo qui sotto, la “cassetta degli attrezzi” dell’uomo di marketing e comunicazione, come era ieri e come sta diventando (e in parte è già)

Se, mi pare di poter dire, i marketer se ne sono accorti poco, sul fronte di chi fa comunicazione le cose non mi sembra vadano meglio.

Eppure, se ci pensiamo, ” l’espansione” , se così vogliamo chiamarla, di questa cassetta degli attrezzi, dovrebbe essere motivo di eccitazione e curiosità, potrebbe essere un forte stimolo alla creatività, allo sviluppo di nuovi modelli e processi di comunicazione, verso i media come verso i consumatori.

O forse prevalgono nuovamente il terrore per il nuovo che avanza e la pigrizia mentale….

Ancora una volta, non è esattamente un techno-guru dell’ultima ora ad analizzare e proporre il nuovo scenario, ma i “serissimi” signori di Forrester, che si dimostrano indubbiamente molto attenti a questi fenomeni. Mi ero già ritrovato a citarli qui, qui e qui.

L’executive summary del report dedicato al Social Computing recita:

“Easy connections brought about by cheap devices, modular content, and shared computing resources are having a profound impact on our global economy and social structure. Individuals increasingly take cues from one another rather than from institutional sources like corporations, media outlets, religions, and political bodies. To thrive in an era of Social Computing, companies must abandon top-down management and communication tactics, weave communities into their products and services, use employees and partners as marketers, and become part of a living fabric of brand loyalists.”

Che qualcuno in Forrester si sia letto di nascosto QUESTO ?…
Mah.

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Comic PR (Save your money Blues)

A volte è davvero incredibile quello che alcune aziende riescono a combinare nella commovente convinzione di saper agire “global” (con servizi internazionali di diffusione) comunicando local (utilizzando servizi di traduzione automatica o pessimi servizi di traduzione). Chissà, sono convinti di essere molto efficienti e di risparmiare un sacco… Ma quello che ne esce è davvero comico.

Il comunicato stampa che mi sono trovato nella casella di posta elettronica proviene da un’azienda tutt’altro che piccola e sconosciuta. Anzi, nel mondo dell’hardware è un nome senz’altro noto. Ma leggendo il comunicato non riesce a dare esattamente l’impressione di un’azienda globale… Permettetemi di sottoporvi alcune “perle”:

” Più memoria RAM, un disco duro di più capacità ”
“…cambiare o aggiungere componenti d’accordo alle vostre necessità o desideri.”
“..vogliamo consegnare ai nostri clienti la possibilità di creare individualmente il loro computer”
“…un processore AMD Athlon FX57 abbastanza veloce, si dispone di gran potere e rendimento per quelli che godono con i giochi 3D.”

Ragazzi, se è per farle così, le PR, lasciatele perdere….

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Comunicazione di servizio (CEBIT blues)

Solo per dirvi che in questi giorni sarò al CEBIT di Hannover. Le trasmissioni riprenderanno settimana prossima.
A presto !

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Speriamo bene… (PR Hope Blues)

Vi segnalo rapidamente un articolo che ho trovato oggi su MiaEconomia a firma di Michela Di Carlo, che fa rifermento ad un ricerca americana sul rapporto tra PR e pubblicità, (promossa da PrWeek e Manning Selvage & Lee) secondo cui ” .. Le aziende intervistate, che mediamente investono nelle attività di marketing circa 20 milioni di dollari, hanno infatti dichiarato di utilizzare sempre più tale leva (le PR) : il 52% dei manager americani ne usufruisce come strumento di promozione e l’85% non tarda ad affermare la loro crescente importanza nello sviluppo delle strategie di marketing, segno che le pr stanno guadagnando sempre più terreno, rispetto all’advertising, rivelandosi uno strumento indispensabile e strategico.”

Ecco, questo trend lo importerei volentieri…

Buon weekend a tutti.

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Comunicato stampa o no ? (PR Content Blues)

Vi segnalo un nuovo momento dell’infinito (ma tutto sommato utile) dibattito sulla presunta morte del comunicato stampa a favore dell’utilizzo dei blog.

L’ultimo colpo di piccone per il povero comunicato stampa è stato sferrato con forza da Tom Foremski con un post dal titolo davvero eloquente . “Die! Press release! Die! Die! Die!”.

Tuona il buon Tom: “Press releases are nearly useless. They typically start with a tremendous amount of top-spin, they contain pat-on-the-back phrases and meaningless quotes. Often they will contain quotes from C-level executives praising their customer focus. They often contain praise from analysts, (who are almost always paid or have a customer relationship.) And so on…

Press releases are created by committees, edited by lawyers, and then sent out at great expense through Businesswire or PRnewswire to reach the digital and physical trash bins of tens of thousands of journalists. “

Da un certo punto di vista è vero, ma allora forse la questione è come vengono costruiti i comunicati stampa, quali contenuti vengono utilizzati (ammesso che ce ne siano….) e non lo strumento in se’ e per se’.

In effetti c’è qualcosa che non funziona nel ragionamento di Foremski, e il punto viene lucidamente colto dal nostro sempre attento Steve Rubel che richiama la nostra attenzione sul vero problema di fondo:

“My point here is, everyone’s blogging for a reason. Many of us, although not all, are selling something and when we blog it’s released not just to the public but to the press as well. So can we stop the blog vs. press release debate? Everything is a press release, even if it’s not formatted that way.”

Kevin Dugan rafforza il concetto e sottolinea: ” It’s the content, not the format, that’s the problem. (…) blaming the current state of PR on the news release is like blaming Enron on faulty calculators”

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