Matthew Boyle, sulle pagine del Fortune torna sul tema del corporate blogging, e offre alcuni consigli circa i “Do’s and Don’t” del blog aziendale. Si tratta di concetti e raccomandazioni non nuove ai frequentatori di questo blog, ma tornarci sopra non guasta.
Prima di tutto Boyle osserva come tra le aziende del Fortune 500 solo 5 abbiano varcato i confini della blogosfera. I motivi principali ce li suggerisce il buon David Sifry, fondatore e CEO di Technorati : “Il blog mette paura. Le aziende hanno ben piantato in testa il comandamento “control the message” e sotto questo profilo sono spaventate dal blogging”
Tuttavia molte aziende scoprirebbero che molti loro dipenfenti sono blogger, e conversano con le rispettive audience (grandi o piccole che siano) a proposito dei prodotti dell’azienda, magari dissertando di viaggi o del loro cocker spaniel.
Potrebbe valere la pena di assoldare questi pionieri e confrontarsi con loro circa cosa il corporate blogging può proporsi in termini di obbiettivi, e perchè.
La prima grande domanda è, naturalmente, se l’azienda sia culturalmente pronta o meno. Posto che si sia risposto positivamente a questo primo quesito, chi deve scrivere ? La scelta dovrebbe cadere su qualcuno che scriva non solo bene, ma anche mantenendo un tono autentico e conversazionale. E spesso non si tratta del CEO.
Mi piace sottolineare questa raccomandazione di Matthew: “If you cannot find something to blog passionately about, your blog will be no more than a corporate PR organ.”
E qui mi sembra si arrivi al cuore di una questione molto importante: mi sembra che aziende e agenzie di relazioni pubbliche cadano spesso in un pericoloso equivoco.
Non si deve confondere il blog nella sua “essenza” (mi si passi il termine) conversazionale, dove alla fine l’obbiettivo è la conquista dell’autorevolezza nel campo prescelto, con il blog utilizzato da un punto di vista essenzialmente “tecnologico”, usato cioè semplicemente come mezzo di pubblicazione, stringhe RSS incluse, verso giornalisti, clienti, partner,etc. Cosa quest’ultima assolutamente lecita e in qualche caso utilissima, ma decisamente inutile se stiamo parlando del blog come strumento di comunicazione che deve contribuire alla costruzione dello “standing” dell’azienda nel mercato.
L’autorevolezza e la crediblità non si costruiscono a colpi di finte news e spocchiosi comunicati aziendali travestiti da conversazioni online. Come ho già ribadito più volte, ci si condanna ad essere rapidamente “scoperti” e derisi da tutta la blogosfera. (potete vedere sul tema qui, qui, qui, qui e anche qui)
C’è un’altra raccomandazione di Boyle che vale la pena riprendere: “Don’t wait until a crisis hits to set up a corporate blog — it needs time to build up trust.” I blog creati in fretta e furia come strumento di “crisis management” generalmente servono a molto poco.
Matthew conclude con una riflessione che non posso che condividere: “….Finally, a blog is a tool, not a panacea — don’t expect it to turn your company around. “I don’t think GM’s blog is going to save GM,” says Debbie Weil.” (l’autrice di “The Corporate Blogging Book.”)
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