E ora un po ‘ di riposo…..

Il mio adorato blog chiude per (meritate) ferie.

Un ringraziamento a tutti quelli che ogni tanto ci fanno un giretto.

Ci riscriviamo a Settembre.

Enrico

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Il vecchio leone (Kotler blues)

Eh, sì. Potete pensarla come volete, ma “papà” Kotler, il mio primo marketing, il guru per antonomasia, rimane ancora oggi una voce attuale e saggia che invita marketers e comunicatori a riflettere con attenzione su questioni di base che troppo spesso sono sorvolate con grande disinvoltura per buttarsi a pesce su nuove “tecnologie”, utilizzate poi senza una visione complessiva e strategica. E scusate se è poco. Di seguito alcune riflessioni, scelte e tradotte liberamente dal sottoscritto.

Cosa può dirci sul dibattuto attorno al bisogno di ridefinire il marketing mix ?

PK: – La domanda corretta non è “quali tool costituiscono il marketing mix”, ma “quali tool stanno diventando più significativi nel marketing mix ?”. Per esempio, ritengo che l’advertising sia sovra-utilizzata, e le Relazioni Pubbliche sotto-utilizzate.

Quale è la maggiore sfida per la comunicazione oggi ?

PK: – Ottenere attenzione. I consumatori hanno poco tempo e molti si adoperano per evitare quanta più pubblicità è possibile. Ci sono altri strumenti su cui puntare per catturare attenzione e posizionare i brand. Le Relazioni Pubbliche e il word-of-mouth marketing stanno giocando un ruolo di crescente importanza nel marketing mix per costruire e mantenere nel tempo la forza di un brand.

Come giudica il modo in cui le aziende gestiscono i propri budget di comunicazione oggi ?

PK: – I marketing manager sviluppano nel tempo un certo modo di vedere l’allocazione delle risorse per ottenere il communication mix più efficace. Il problema è che continuano a utilizzare gli stessi criteri anche quando l’evidenza dimostra che l’efficacia è diminuita. L’allocazione si “congela” e c’è resistenza a modificare il mix.

Alcuni analisti invitano ad aumentare i budget destinati alle Relazioni Pubbliche. Cosa ne pensa ?

Sono d’accordo. Le relazioni pubbliche hanno a disposizione molti strumenti, quelli che io chiamo “the PENCILS of PR”: la stampa, eventi, l’utilizzo delle news, il coinvolgimento delle comunità, investimenti sociali, etc. Rispetto alla pubblicità di massa tradizionale, le Relazioni Pubbliche hanno più chance di trasmettere i messaggi in modo efficace.

Le aziende continuano a spendere sempre più denaro nell’advertising TV tradizionale. Non crede che le aziende siano lente a realizzare che l’efficacia di questo strumento è in netto calo ?

PK: – Le aziende sono ancora cieche di fronte ai cambiamenti “cataclismici” che stanno interessando il mercato della comunicazione. I giorni della pubblicità di massa, sprecona e intrusiva, stanno finendo rapidamente. –

Thanks, Philip.

Fonte originale: Marketingprofs

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Old PR habits (embargo blues)

Un post segnalato da Steve Rubel sul blog di James Robertson, mi da l’occasione per soffermarsi un momento sulla inconcepibile “lentezza” di certi addetti PR a comprendere che (forse) internet ha “leggermente” cambiato le dinamiche di distribuzione e controllo delle informazioni.

Il caso specifico è un esempio di “vietato diffondere la notizia prima della mezzanotte del xx xxx”, altrimenti noto come “embargo”.

Specie in riferimento ad aziende come Microsoft, IBM, Oracle o altre di questo livello, questo atteggiamento è davvero ridicolo, oltre che potenzialmente controproducente.
Ridicolo, perchè certi “veti” potevano funzionare in presenza di pochi media, per lo più cartacei e comunque facilmente controllabili. (qualcuno nota differenze con la situazione odierna ?)

Il commento di Robertson mi sembra perfetto:

“There are simply too many people watching their every move, ready to pounce out with information. A decade ago, that didn’t matter too much – an early leak meant that information hit the printed page a day (or a week)
later. Now, early information leaks immediately. Why does that matter? Well, it matters because of the nature of message definition that now exists. With an artificial embargo on information, other people get to take a crack at defining you. First impressions matter a lot more than anything else, so if a negative one gets early play, you’ll have a hell of a time countering it.”

La velocità di reazione alle “voci” è un fattore determinante quando si vuole evitare di trovarsi ad affrontare un processo di “crisis communication”.

Quando, pochi anni fa, un mio cliente di telefonia mobile , che chiamerò PhoneX, ruppe una alleanza con Microsoft, le possibili spiegazioni erano diverse , e non tutte favorevoli a PhoneX.

Pochi minuti dopo lo scarno annuncio ufficiale, che non offriva spiegazioni di sorta, ho cercato e trovato online il commento di un prestigioso analista di mercato, che dava una interpretazione totalmente favorevole a PhoneX. Senza attendere ulteriori comunicazioni ufficiali (che sarebbero arrivate giorni dopo) e non potendo dare (su istruzioni di PhoneX) che un secco “no comment”, ho pensato di “segnalare” ai giornalisti di settore il link al commento.

La velocità è stata determinante: il 90% dei commenti usciti successivamente (a partire da poche ore dopo) erano in linea con la prima interpretazione “attendibile” fornita.
“First impressions matter a lot…”

Ma in Microsoft queste cose ancora non le sanno….

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In che anno siamo ? (basic web marketing blues)

Leggevo con interesse un articolo sul “Web Site Review” di Forrester , una metodologia di indagine sulla qualità e l’efficacia dei siti web. Credo valga la pena di soffermarsi su alcuni risultati.

1. Su un campione complessivo di 600 siti corporate esaminati, a fronte di un punteggio massimo di 25 punti, la media è stata di 0,8 (?!?)

2. In riferimento a 20 tra i siti delle maggiori aziende globali nei settori auto, media, retail, e viaggi, i ricercatori hanno evidenziato che 19 non avevano un design e una struttura adeguata.

In fondo quando si mette in piedi un sito i criteri di costruzione rispondono fondamentalmente a due domandine :

A) quali sono gli obbiettivi di business perseguiti attraverso il sito
B) quali sono le esigenze e le caratteristiche dell’audience

Sembrerebbe di una banalità da vergognarsi, e invece…

Mi sembra utile ricordare alcune “parole chiave” citate da Forrester:

Value: bisogna dare valore attraverso l’offerta di contenuti consistenti e rilevanti. Non solo: i contenuti devono essere facilmente identificabili e fruibili. (mai successo di cercare informazioni essenziali su un sito e trovarsi a fare una battuta di caccia al tesoro?)

Navigation: bisogna poter navigare agevolmente da una sezione all’altra e disporre di funzioni di ricerca sul sito realmente efficaci; è interessante notare che il punteggio medio più basso in assoluto tra le caratteristiche di navigazione, è stato propio il search.

Presentation: chiarezza e leggibilità; anche qui stupisce che 13 siti su 20 “… failed to present easily readable content.” (?!?!).

Trust: il punteggio medio in riferimento a privacy e security è stato il più basso di tutti i 25 criteri di valutazione.

Web consultant, buon lavoro a tutti….

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"PR People Are Morons" – ( e come dargli torto ?)

Il mondo delle Relazioni Pubbliche è davvero infestato da un discreto numero di maledetti incapaci (mi sono davvero stufato di essere confuso con questi ciarlatani) che con la loro maldestra ignoranza affossano la nostra povera categoria. Il tema non è nuovo a chi frequenta questo blog, ma ci sono episodi che mi spingono (ineluttabilmente) a tornarci.

I cialtroni in questione affliggono la comunicazione a livello globale: leggetevi il recente post apparso su MobHappy, circa le dichiarazioni di Russell Beattie, “Yahoo! mobile evangelist” nonchè “mobile blogger”. I simpatici PR di un (apparentemente) buon numero di aziende hanno la brillante abitudine di tentare di infiltrarsi nei blog più seguiti per “spammare” i messaggi aziendali dei loro amati clienti. Alcuni giungono più o meno a postare direttamente i loro comunicati stampa…. E’ ovvio che siffatti personaggi dimostrano una ignoranza assoluta non solo del fenomeno del blogging e della loro natura, ma dell’ABC delle Relazioni Pubbliche e della comunicazione in generale.

Anche da noi ho già visto qualche maldestro tentativo: mi auguro che vengano sempre rintuzzati con fermezza e decisione dai blogger.

Tra le possibili “strategie di reazione” , interessante questa.

Lo ripeto: blog e RSS feed sono modalità interattive di trasmissione dei contenuti di grandissimo potenziale; speriamo che i “morons” non impediscano agli utilizzi “intelligenti” di emergere ed affermarsi.

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Le Relazioni Pubbliche guidano il business (?)

La notizia mi era quasi passata inosservata, ma un post del buon Jim Horton ha posto rimedio alla mia disattenzione.

Pare che Microsoft (sì, proprio lei) abbia mandato a monte un’acquisizione perchè preoccupata della cattiva ricaduta dell’operazione i termini di PR. Beh, lasciatemelo dire, è una soddisfazione.

Nella fattispecie è andata a monte l’acquisizione di Claria, una software house che commercializza soluzioni definite come ” behavioral targeting technology” , che è un modo molto “IT” per descrivere un software che raccoglie sul mio computer informazioni su che siti frequento, cosa ci faccio, quanto tempo ci passo.. Come dite ? Vi sembra “spyware” ?? Beh, non ci crederete, ma anche in Microsoft qualcuno si è posto il problema .

Perchè Claria è stata in passato collegata proprio allo “spyware” e la cosa ha preoccupato a tal punto che hanno preferito lasciar perdere.

Insomma, pare che le Relazioni Pubbliche questa volta abbiano “governato” il business più delle considerazioni del management tecnico e di quello finanziario.

C’è da pensare….

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Changing PR (forse…)

Ho letto con grande interesse (e speranza) un articolo apparso sulla newsletter dell‘IPRA (International Public Relations Association).
L’autore è Ronald C. Hanser, proprietario di un’agenzia e attuale responsabile di un network di oltre 50 agenzie nel mondo. Le sue osservazioni sui cambiamenti in corso nelle Relazioni Pubbliche a livello globale, tratte dallo scambio di informazioni col suo network, sono interessanti e meritano qualche riflessione. Sintetizzo le più significative.

1. “Business leaders are recognizing PR as more than publicity”. Dio lo volesse. Non voglio tornare su un argomento che ho già affrontato più volte, ma qui da noi sembra che a volte non arriviamo nemmeno alla considerazione di “publicity”. Ronald sottolinea che le Relazioni Pubbliche sono sempre di più considerate “an even more powerful tool for management”. Questo sarebbe assolutamente corretto, ma la cultura aziendale media che incontro tutti i giorni, ci relega davvero troppo spesso a “servizio accessorio”, e non vede l’attività di PR come uno degli elementi della strategia che un’azienda attua per realizzare la propria “mission” e raggiungere gli obbiettivi di business.

2. “Word-of-Mouth (WOM) marketing” is the second most common new assignment, (…) and many cited the increasing awareness of importance of WOM. WOM marketing is “hot” because it recognizes that trust comes from peers, family, friends and other influentials, not from traditional marketing messages. B2B and B2C customers —not marketers — increasingly “own” the brand. “ Se le imprese fossero consce di tutto ciò, il mio telefono dovrebbe squillare tutto il santo giorno…. Chi, se non le Relazioni Pubbliche, dovrebbe governare questi processi chiave di comunicazione ? Anche qui, per ora, siamo agli albori (forse)

3. “Clients do not know how to use blogs or to derive benefit from them yet.” Assolutamente corretto: lo ripeto, lo strumento è nuovo e potenzialmente interessantissimo, e le aziende hanno bisogno di essere guidate da chi conosce e segue il fenomeno in modo continuativo dalla sua nascita, per evitare o di rifiutarlo a priori, o di buttarsi a peso morto sull’oggetto, due gravissimi errori.

4. “Clients expect measurable results.” Anche qui devo ripetermi. Sembra che da noi la misurazione dei risultati delle Relazioni Pubbliche sia un grande argomento di conversazione, ma non di reale controllo. Sarò maligno, ma davvero certe situazioni non si spiegano.

5. “The value of PR as a management function that creates and maintains relationships important to the future of all types of organizations all over the world has never been greater.”

Ronald for President. (…anche se forse per l’ultima ha fumato roba pesante… )

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The Riddle of Marketing (Customer Care blues)

Quella che vi racconto oggi non è una favola. Lo dico prima perchè leggendo il post potreste avere qualche dubbio in merito.

Ho già anticipato questa storia “a puntate” su Imlog, ma ora la voglio raccontare per esteso e con più calma.

Allora, la storia comincia in realtà nel dicembre del 2004, quando sono alla ricerca di un videogioco. Dovete sapere che sono un appassionato di avventure “punta e clicca”, ovvero di giochi – avventura a base di ricerche, risoluzione di enigmi, etc etc. Passione che condivido con i miei amati pargoli, i quali seguono lo svolgimento del gioco come fosse un film. ( e si tengono alla larga dai giochi ammazza-spara-sgozza-uccidi-a-calci etc. etc.)

Detto questo torno alla narrazione. Non riesco a trovare il benedetto gioco (“Aura”, per i curiosi) . Allora penso di scrivere via email all’assistenza della casa produttrice (The Adventure Company). Nel giro di poche ore (ho detto poche ore) mi risponde una persona ( ho detto una persona, con nome , cognome e indirizzo email diretto) che mi spiega dove trovare e acquistare online il gioco in questione.
Fantastico.
Procedo all’acquisto e scrivo all’amica Suzanne se per caso sa indicarmi altri giochi simili di contenuto adatto ai miei bambini. Sempre a stretto giro di fuso orario (l’azienda è canadese) Suzanne mi fornisce tutte le informazioni che desidero più ulteriori informazioni e precisazioni che non avevo nemmeno richiesto.

Sin qui mi sembra già una bella esperienza e un bell’esempio di come si gestiscono i rapporti online con un cliente.

Ma questo è nulla.

Sempre a Dicembre avevo acquistato in un centro commerciale un altro gioco, della stessa casa produttrice. Per vari motivi il gioco viene installato solo di recente. E qui cominciano i problemi. Nonostante ripetuti tentativi, installazione di patch correttive e trucchi vari, il gioco manda invariabilmente in crash il mio computer.

Che faccio ?

In prima istanza, come è giusto, scrivo all’assistenza tecnica del distributore italiano, specializzato in videogiochi.
E qui comincerete a notare qualche differenza nell’approccio “customer care”

La risposta arriva dopo 6 giorni e un sollecito. Dopo un breve scambio di informazioni tecniche, mi viene spiegato che forse l’unica soluzione potrebbe essere quella di far girare il gioco alla minima risoluzione e con il minor numero possibile di colori…. Immaginate di aver acquistato un televisore al plasma da 40 pollici e dopo averlo appeso alla parete del vostro soggiorno il tecnico vi dice. “Guardi, a dire la verità sarebbe meglio che riduciamo la visione a 17 pollici e se poi lo guarda a 3 colori è ancora meglio. ”
Trovereste la raccomandazione del tecnico accettabile ?

Non trovate, come ho trovato io, che non si può, pur di non dire che il gioco non funziona, suggerire qualcosa che sembra ignorare la natura stessa del prodotto ? La grafica, specialmente in questo genere di gioco, è un elemento fondamentale, e uno dei criteri base per giudicarne la qualità. E allora ?

Non ci ho nemmeno provato.

Scrivo a Suzanne e gli sottopongo il problema. Ci sono altre patch ? Altre soluzioni tecniche che l’assistenza italiana non conosce ?

Dopo poche ore Suzanne risponde.

“No Enrico,” spiega la mia amabile corrispondente. ” Sappiamo che purtroppo alcuni aggiornamenti di Windows XP successivi all’uscita del gioco, assieme ad altre circostanze tecniche, possono rendere inutilizzabile il gioco stesso. Ci scusiamo per questo e ti prego di voler scegliere tra i 7 giochi che ti elenco di seguito, uno di tuo gradimento che ti invieremo in omaggio

Rileggo l’email una decina di volte, perchè forse ho capito male. No, ho capito bene.

Chiedo comunque di poter restituire il gioco difettoso al loro distributore italiano, per non doverlo spedire in Inghilterra dove hanno il magazzino europeo.

Suzanne mi spiega subito che solitamente la procedura richiederebbe la restituzione del gioco, ma dal momento che io sono “a dedicated customer to us” , non c’è bisogno che rispedisca nulla.

Ho comunicato la mia scelta per il gioco in omaggio il 30 Giugno.

Stamattina il gioco (“Riddle of the Sphinx”) è sulla mia scrivania, spedito dal Canada per posta aerea.

(Ho già ordinato online altri due giochi, mi sembra il minimo… forse il loro approccio di customer care qualche effetto lo ottiene… )

P.S.: se avete curiosità sul genere di giochi in questione e volete trovare recensioni e consigli andate su Punta e Clicca)

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Quando vendi martelli…. (Blogs&PR blues)

When you’re selling hammers, every problem looks like a nail. “

Questa citazione appare in un recente post di Shel Holtz che riprendo volentieri.

Il perchè riprenda così volentieri il post, consiste nel fatto che il buon Shel spazza via con decisione e solide argomentazioni un curioso equivoco, figlio di un certo eccessivo entusiasmo attorno alla blogosfera, che porta Todd Cochrane a proclamare “…companies probably would be better in firing most of their PR people, and hiring bloggers as Marqui did in their paid to blog program.”

Ok, ora forse vi è più chiaro il perchè…

A parte il problema della mia pagnottella, occorre davvero, scherzi a parte, fare chiarezza sul ruolo delle Relazioni Pubbliche, anche per non incorrere nel solito, vecchio, ricorrente errore di scambiare strumenti e tecnologie per soluzioni e strategie. (vedi i disastri di un certo genere di CRM…)

Ovvio che anche il blog è di fatto un nuovo potente strumento di comunicazione ancora tutto da scoprire. Nessuno lo nega.

Ma, giusto per riprendere una definizione delle Relazioni Pubbliche offerta da Shel : “..Public relations is (…) the practice of managing an organization’s relationships with various constituent audiences, notably those whose opinions and behaviors affect the organization’s ability to execute its strategic plan. It’s also about influence, and not in a negative, manipulative way. “

Ora, tutto questo richiede, indiscutibilmente, pensiero strategico e profonda conoscenza dei vari strumenti a disposizione, tra i quali, lo ribadisco, il blog, in vari modi, può già da oggi contribuire, in maniera anche sostanziale, al raggiungimento degli obbiettivi di comunicazione.

Ma tutto questo può essere tranquillamente rimpiazzato da un paio di blog ?

Todd, quando vendi martelli….

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Domanda scabrosa

Sottopongo al vostro giudizio i risultati di una ricerca che scopro grazie a Joel Céré

La ricerca in questione è stata condotta da Euro RSCG Magnet e Columbia University.

Dato che fa caldo, non ce la faccio a tradurre, per cui vi propongo i risultati così come li ho letti:

51% of journalists use blogs regularly and 28% read them daily (compared to 11% of the US population reading blogs),
70% of journalists read blogs for their job, mostly for story ideas or researching,
33% read blogs to uncover scandals or breaking news.

The survey points to a trust crisis among journalists and between journalists and corporations:

49% of journalists have lost trust in corporations over the last year,
76% said that corporate candidness is poor in time of crisis and 66% said the same about transparency,
45% are less trusting of their colleagues’ professsional behaviours,
93% are less trusting of colleagues who are paid to act as spokespeople.

Ma il dato finale vale la pena di essere tradotto: solo l’1% ritiene che i blog siano credibili.

Per cui mi unisco a Joel Céré nel pormi la domanda (scabrosa per davvero): ma allora perchè li leggono e li usano per il loro lavoro ?

Mah….

Buon weekend.

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