Blog aziendali ?

Segnalo l’interessante discussione accesa da un mio post su Imlog relativamente al rapporto tra aziende a blog.

Ulteriori approfondimenti sono contenuti in un intervento che David Sifry, fondatore e CEO di Technorati ha fatto durante la recente Software 2005 Conference . Lo trovate qui.

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PR speak to English

Vi invito a fare un giro su sito di John Gruber e gustarvi l’impeccabile traduzione dal “pierrese” al linguaggio “normale” del documento Q&A (domande e risposte) relativo all’acquisizione di Macromedia da parte di Adobe. Imperdibile. Dopo, leggerete i comunicati stampa con un occhio leggermente diverso.

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Blog e PR: simbiosi o catarsi ?

Al di là del titolo di questo post, ( un po’ drammatico, ma il titolo è il titolo…) è urgente una riflessione sull’utilizzo che i comunicatori professionali si apprestano a fare di questo nuovo strumento.

I precedenti secondo me non sono incoraggianti, nel senso che lo stesso l’avvento di internet non è stato ancora del tutto compreso e “digerito” da una buona parte parte del mondo della relazioni pubbliche.

Il web è ben più di un mero mezzo di trasporto aggiuntivo per i soliti, vecchi comunicati stampa, eppure, basta guardarsi attorno, mi sembra che in molti casi non si sia andati più in là di questo.

Quello che è sfuggito (e scusate se è poco) è la natura stessa del mezzo (che non è un semplice mezzo) e la vastità delle opportunità offerte.

E il blog rischia di essere un’altra occasione persa.

Anche se non si tratta di un nuovo mezzo in assoluto, ma semplicemente di una nuova “declinazione” della tecnologia, il blog potrebbe essere vittima di un assalto assolutamente scriteriato e privo di reale valore aggiunto per la comunicazione, e potremmo assistere ad uno sterile moltiplicarsi di mini-siti aziendali, o anche tentativi di intrusione : ve l’immaginate una bella valanga di comunicati stampa sotto forma di commenti nei vostri blog personali ?

Forse è solo un incubo a occhi aperti, ma , ripeto, ho il timore che la corsa al blog possa travolgere e togliere visibilità a tentativi più maturi e intelligenti di utilizzo dei blog, capaci magari di tenere in considerazione le reali esigenze dei giornalisti e attente alle opportunità offerte dalle stringhe RSS.

Staremo a vedere.

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Discussioni online

Segnalo l’interessante (almeno per me) dibattito che ho intrapreso sul blog di Mauro Lupi sui meccanismi della pubblicità online e più in generale sulla comunicazione online. Personalmente ho imparato qualcosa di nuovo.
Buona lettura.

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180 miliardi di minuti

«Si parla sempre di sorpasso delle telecomunicazioni mobili su quelle fisse, ma la realtà è molto diversa: nel 2004 gli italiani hanno passato circa 300 miliardi di minuti sulla rete telefonica, di cui 180 miliardi collegati a Internet e 120 miliardi di minuti di comunicazioni vocali. I minuti spesi sui telefoni cellulari non arrivano invece a 80 miliardi».

Quello che precede è il testo di un‘intervista al Corriere di Riccardo Ruggiero, Amministratore delegato di Telecom.

Le aziende che ancora non avessero compreso l’importanza strategica della comunicazione online, dell’interattività, etc etc. si possono accomodare in fondo alla fila….

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Cattivi esempi

Doveva succedere: fatta la tecnologia, trovata la furbata.

L’RSS feed lascia spazio a spiacevoli inganni come quello descritto da Costantin Basturea in questo post.

Direi che la storia si commenta da sola, ma non credo proprio resterà l’unico esempio….

Ma tant’è: non rìnunceremo certo a bloggare perchè qualcuno trova il modo di fare qualche soldino spacciando la farina altrui per la propria. E’ storia vecchissima, e riguarda il mondo della letteratura, dei brevetti, della musica, e via dicendo.

Quanto a me, sinceramente, trovare un mio contenuto in un blog aggregator senza i dovuti riferimenti, da una parte mi seccherebbe molto, ma forse dall’altro mi darebbe un brivido segreto di orgoglio… o non dovrebbe ??

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Siti gentili

Ho scoperto quasi per caso un ormai (apparentemente) vecchissimo post sul blog di Mauro Lupi sulla web usability e sulle relazioni che le aziende sanno tenere con i propri utenti.

La data è del 1o settembre 2003. Un paio di ere fa, per internet, direte voi.

Ebbene, la mia malinconica osservazione è che quel post conserva ancora tutta la sua attualità.

I siti che si parlano addosso (probabilmente siti di aziende che hanno questa abitudine con la loro comunicazione in generale e non solo sul web), senza “dialogare” efficacemente con il cliente, esistente o potenziale che sia, sono decisamente ancora all’ordine del giorno. Credo che ciascuno di voi incontri siti di questo tipo tutti i giorni.

Ad Maiora, Mauro !

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Ma la domanda non è quella…

Uno dei vezzi più curiosi delle aziende, nel quale mi sono spesso imbattuto (e contuinuo a imbattermi..), è quello di reagire a domande a cui non sono in grado di rispondere controbattendo che la domanda appropriata non è quella, ma un’altra, a cui naturalmente hanno invece una risposta molto esauriente.

Si tratta in effetti di un meccanismo di difesa piuttosto comune e che possiamo considerare un sintomo di quella IVS (Internal Vision Syndrom) su cui mi sono già intrattenuto.

Questo atteggiamento, oltre che indice della suddetta sindrome, mette in luce anche un pericoloso “fastidio” nei confronti dei giornalisti che “non capiscono” quali sarebbero le domande giuste da porre sull’azienda e sui suoi prodotti, come se i giornalisti non fossero degli interlocutori “attivi” ma dei semplici “canali di distribuzione” dei contenuti decisi e voluti dall’azienda.

La miopia di questa visione impedisce spesso all’azienda di cogliere una importante opportunità: raccogliere utili indicazioni che permetterebbero un aggiustamento dei messaggi e dei contenuti allo scopo di rendere l’azienda più “leggibile” dall’esterno e quindi di migliorarne la visibilità.

Marketing manager di tutto il mondo, su i periscopi !

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Press Waste (of time)

Raccolgo ancora con piacere la ormai vecchia, ma sempre valida provocazione di B.L. Ochman che afferma senza mezzi termini la totale inutilità dei comunicati stampa tradizionali.

Occorre creare e offrire ai media storie, non chiacchiere aziendali (ricordate le aziende che parlano da sole ?)

In effetti, potremmo anche dire, un buon comunicato stampa dovrebbe essere esattamente questo: una storia degna di essere raccontata e commentata. Ciò di cui un giornalista può aver bisogno è una direzione in cui guardare, ricevere le informazioni essenziali sui fatti da esaminare, le indicazioni sulle fonti cui si può riferire per la storia in se’ come per lo scenario in cui la storia si colloca. Il tutto in un paio di paragrafi: un giornalista non ha biosgno di qualcuno che scriva per lui, vuole dei materiali intelligenti e intelleggibili.

Insomma, un comunicato stampa dovrebbe essere nella sostanza (al di là della forma) quello che in America chiamano una “pitch letter”. Vi sembra poco ?

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Quotation Happiness

A proposito di un mio post precedente sulle quotation dei comunicati stampa, segnalo il sito di Phil Gomes, che ha analizzato proprio la “felicità” espressa nelle quotation e ne ha tratto un utilissimo “indice della felicità manageriale” . Per ulteriori commenti vi rimando al post di Italo Vignoli.

Che la Felicità Manageriale Sia Con Voi !

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