Ma che ci stai a fare sul web ?

Guardavo i risultati del settimo rapporto IBI (Internet Benchmarking Italia) che trovate sul sito della Web Marketing Society.
Devo dire che la sezione dedicata alla presenza delle aziende sul web è veramente sconsolante.

Da una tabella relativa ad un campione di 1.800 aziende che hanno un sito, si evince che la soddisfazione che le imprese traggono dalla propria presenza online è decisamente bassina: più dell’80 % degli intervistati si ritiene poco o per nulla soddisfatto dei risultati. Alla domanda “Ripetereste ancora l’investimento ?” solo il 27 % risponde con un deciso sì.

E allora ?

Decisamente, ancora una volta, non si può che puntare il dito verso una diffusa mancanza di cultura sul web, sulla sua natura e sui suoi meccanismi, che porta a progetti approssimativi e poco curati, non tanto sul piano tecnico o grafico, ma soprattutto sul piano dei collegamenti tra il sito e i processi di business dell’azienda, sui contenuti, sulla reale attenzione al cliente e ai suoi specifici modi di interazione, e così via.

Ma quante volte mi è successo di trovare siti con indirizzi email a cui nessuno risponde, inclusi servizi di homebanking ?! Avete in mente cosa significa vedere il server della banca sparire mentre siete a metà di un bonifico, scrivere un email all’assistenza clienti e non vedere una risposta per 4 giorni ? Dico, nemmeno un auto-responder che mi dia un segno di una qualche “presenza” online, seppur automatica… e sto parlando di una grande banca e del suo servizio di homebanking.

E la cosa peggiore è che questo cattivo approccio, con i conseguenti scarsi risultati, genera diffidenza, incertezza, soprattutto tra le PMI, che non hanno in dotazione sistemi informativi evoluti, quelli che hanno sono poco “web oriented”, e in generale non considerano prioritari gli investimenti in ICT. E se in Italia non si muovono le PMI….

Eh, quanto lavoro ci sarebbe…

Ma poi, in fondo, di cosa mi preoccupo, c’è la TV digitale, quella sì che innovazione ! Tranquilli…..

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Pronto, chi blogga ?

Vi segnalo una interessante ricerca pubblicata su Blogads che cerca di disegnare un profilo del blogger. Riassumo i risultati, tratti da un campione di 30.000 blogger:

- il 75 % dei blogger sono maschi, di oltre 30 anni;
- il 43 % dichiara un reddito familiare superiore a 90.000 dollari all’anno;
- solo il 4,7% dei blogger hanno meno di 20 anni (questo un po’ sorprende…)
- il 25 % circa degli intervistati riserva alla lettura dei blog circa ill 20 % del tempo dedicato ai media
- solo il 28 % utilizza i feed RSS per la lettura dei blog: la maggior parte li consulta esattamente come dei normali siti web.

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Meglio tardi…

Vi segnalo, seppure con grande ritardo, un interessante post di Joel Céré, “In Blog We Trust: the art of micro persuasion” che offre pochi ma sostanziosi consigli ai blogger “professionali” e non.

Trovate il tutto qui

Buona Pasqua a tutti.

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Un giorno anch’io…..

La coctelera ha pubblicato l’elenco delle 20 persone più influenti nella “blogsfera”.

Lo trovate su Cyberjounalist .

Naturalmente sto arrivando….

Questione di poco.

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Business-to-Boh Communication

Di ritorno dal CEBIT discutevo con un collega della diffusa incapacità delle aziende B2B di fare marketing communication. Il succo delle nostre riflessioni mi riportava dritto ad alcune delle considerazioni fatte nel mio post sulle aziende che parlano da sole.

Il fenomeno comunque non cessa di stupire: d’accordo che, come sottolineavo, è difficile valutare la propria comunicazione guardandola dall’interno, rigorosamente tappati in ufficio; ma prima o poi ci si dovrebbe accorgere che il mercato non riceve e non comprende i messaggi che mi illudo di aver inviato. O no ? Se i miei clienti attuali e , soprattutto, quelli potenziali non comprendono i miei prodotti, o non li conoscono perchè non riesco nemmeno a destare la loro curiosità, non è che, magari, qualcosa non funziona ?

Per superare l’empasse qualcuno suggerisce una “consumerizzazione” della comunicazione B2B, ovvero l’utilizzo di linguaggi e paradigmi propri della comunicazione B2C, che peraltro appare, dai dati di mercato, ovvero dai risultati, molto più efficace e convincente.

Non c’è dubbio che i produttori di cellualri o di lettori MP3 in genere sanno parlare diritto al cervello e al cuore dei loro clienti.

“Significa forse allegare ai comunicati l’immagine di una top model adeguatamente discinta, che regge la scatola del mio software ERP ?”

No, significa che occorre fare una bella capriola mentale e mettere, ma sul serio , il mio cliente e il suo modo di vedere il mondo al centro del mio modello di business. E questo significa per esempio, dal punto di vista della comunicazione, domandarsi dove il mio cliente cerca le informazioni su cui basa le sue decisioni e che tipo di informazioni vuole trovare: quelle che cerca lui, ribadisco, non quelle che io, chiuso nel mio uffico, ho deciso che dovrebbe ricevere.

Una cosina da nulla.

E’ davvero, ancora una volta, una questione di cultura di marketing. Di base.

Per capire meglio che cosa intendo dire, basta un banalissimo ma folgorante esempio che mi è capitato sotto gli occhi in questi giorni: nel mondo delle reti di comunicazione pubbliche, siamo abituati a sentir chiamare “ultimo miglio” il tratto di linea finale che raggiunge il singolo utente; sottolineo: “ultimo”.

Indovinate come lo chiamano gli americani ? “First mile”. Già, il primo, quello al centro, è il mio cliente, io, carrier telefonico, sono l’ultimo. Un giochino di parole ? Un dettaglio ? O una visione un tantino diversa ?

Vedete voi….

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Ma parli da solo ??

Vabbé, lo ammetto, ogni tanto mi capita.

Lo faccio naturalmente passare per una prova della mia assoluta genialità, e non certo come sintomo evidente di disfunzioni neuronali.

(Chi vorrebbe un consulente con disfunzioni neuronali… ?)

Ma in fondo può succedere, no ? Pensare a voce alta non è poi così grave. A volte è persino utile.

Ma se lo fanno le aziende …

Eh sì, ci sono aziende che parlano da sole, e sono convinte di comunicare.
E quanto parlano: mi è capitato di visitare le press room di alcuni siti, americani e non, e di trovare, rigorosamente disposti in ordine di data, una bella raccolta di “monologhi stampa”.

Ma perchè mai un’azienda dovrebbe parlarsi addosso ?

La risposta è banale: perchè non se ne accorge.

(E lasciatemi suggerire, così, fra le righe, che magari una visuale esterna, magari quella di un consulente, può aiutare l’azienda ad accorgersene…)

La domanda successiva è : ma perchè non se ne accorge ?

Perchè l’azienda adopera il proprio linguaggio, descrive minuziosamente i prodotti creati al suo interno esaltando qualità e caratteristiche così come le vede dall’interno, ovvero le qualità e caratteristiche che esaltano l’amor proprio (legittimo, intendiamoci) di chi quei prodotti , quelle soluzioni ha progettato e realizzato.

Fenomeno questo tipico , ad esempio, di molte aziende costruite e sviluppate da ingegneri, magari assolutamente abili e geniali, che però vedono i prodotti da un punto di vista ingenieristico, ovvero esclusivamente tecnico-prestazionale.

Ed ecco quindi i dettagliatissimi e interminabili comunicati stampa che sono leggibili e comprensibili solo all’interno, e, forse, dagli ingegneri delle aziende concorrenti.

Ma serve ?

Comunicare un’azienda verso l’esterno forse è una cosa un po’ diversa.

Forse chi riceve un comunicato (si presume un giornalista…) vuole capire “cosa fa” il prodotto dell’azienda (e magari dove lo fa ), vuole capire quali problemi risolve e perchè li risolve meglio dei concorrenti.
Magari vuole capire se quel produttore ha qualcosa di interessante ( niente banalità grazie) da dire sul mercato in cui opera, sui trend tecnologici generali per quel tipo di prodotti, etc.
Insomma, forse un giornalista vuole che qualcuno “comunichi” con lui, fornendogli dei materiali su cui possa
lavorare, e non vuole origliare i monologhi interiori di qualcuno per poi doverli interpretare…

Alla prossima.

P.S. nel frattempo, se siete appassionati di musica, non mancate di fare un giro su
www.allmusic.com , una imperdibile fonte di informazioni, discografie, critica musicale e altro.

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A proposito di quotation e leadership

Se siete comunque alla ricerca di quotation che vi facciano sembrare (voi o i vostri clienti) un vero leader, non perdetevi una preziosa fonte di ispirazione come Great Leadership Quotes.
Buona lettura.

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Blog busters

Viene quasi da sorridere.
La velocità con cui si sale in corsa sul “treno” di moda è veramente sorprendente.
E i treni tecnologici sono tra i più desiderati.

Il blog è trendy ? Ed ecco schiere di comunicatori aziendali e non che ci si buttano a pesce, bloggano e fanno bloggare clienti,amici, parenti e chi più ne ha più ne metta.

Capire la natura e gli obbiettivi del mezzo in questione ? Ha senso un blog aziendale ? Se sì, quali sono i contenuti adatti e quali no ? Forse è meglio uno aziendale “vestito” da personale ? E chi deve leggerlo ? I dipendenti ? Solo i giornaliasti ? Tutti ? Interrogarsi sul rapporto tra blog e siti esistenti ?

Tempo perso. Se s’ha dabblogga’, se blogga. Fa figo e basta.
E tanti saluti alla competenza e al buon senso.

Ma la storia non è nuova. Anzi è vecchia come il web.

Solo pochi anni fa c’erano agenzie, anche grandi e dai nomi altisonanti, che ancora faxavano o spedivano per posta i comunicati.

Ma poi un giorno l’AD scopre la posta elettronica.

Si tuffa nei corridoi dell’agenzia urlando a squarciagola agli account esterrefatti: “L’Email, l’email ! Siamo avanzati, siamo tecnologici, da oggi si comunica via email !! I trasgressori saranno licenziati !”

Ed ecco che dall’agenzia escono fiumi di comunicati via email, scritti e inviati come fossero dei (brutti) comunicati via fax. Testi interminabili, nessun uso di link, invio in blind copy… (Madonna, ma sapete che c’è ancora gente che li spedisce così ?!?!? Anzi ne ho visto uno di recente con la mailing list direttamente in CC…)

E l’attachment ? Ah l’attachment ! Che meraviglia, posso spedire al giornalista la brochure aziendale in PDF assieme al comunicato ! E’ un PDF magnifico , il cliente sarà felicissimo ! Pesa 6 mega e mezzo, ma è così bello…

Ve l’ho detto, meglio fare il bagnino…

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Ipse dixit ….(quotation blues)

Eh sì, ecco un argomento veramente scottante.

La quotation altro non è che una dichiarazione, un commento, attribuita (non è detto che l’abbia proprio detto lui…) a un a manager di alto livello, spesso il CEO, posta in genere verso la fine di un comunicato stampa.

E allora ? Che c’è di strano se un esponente dell’azienda commenta la notizia diramata col comunicato ?Non ti va bene nemmeno questa ?

Per carità, nulla di male in se’.

Ma la domanda è un’altra: è proprio necessario commentare se non ci sono commenti intelligenti da fare ?

Effettivamente capita di leggere delle dichiarazioni che in qualche modo aggiungono qualcosa, offrono un punto di vista non ancora sottolineato, un aspetto che ancora non era emerso nel resto del comunicato, una valutazione che aiuta chi legge a comprendere meglio il mercato, ma, credetemi, si tratta di eccezioni.

Il più delle volte si tratta di affermazioni di una banalità imbarazzante (nonché esasperante).

Piccolo esempio.

L’azienda Pincone firma un accordo per distribuire i prodotti della ditta Pallino.

Commento dell’amministratore delegato di Pincone: “Siamo felici di annunciare questo accordo che ci permette di ampliare e qualificare la nostra offerta aumentando la soddisfazione dei nostri clienti”

Ma che bravi. E siete “felici” per così poco ? Il vostro animo si libra oggi più sereno per questa firma ? Oppure implicitamente ipotizzate che, colti da un attacco di masochismo “corporate” si firmino accordi per essere infelici ? Mah…

Forse esistono accordi di distribuzione che si firmano per ridurre l’offerta ? Si inseriscono scientemente nel proprio portafoglio prodotti che contribuiscono a squalificare l’offerta aziendale ? E, soprattutto, si intraprendono azioni con la dichiarata intenzione di rendere più insoddisfatti i propri clienti ? Boh…

E il Direttore Vendite di Pallino ? Che ci dice mai il Direttore Vendite di Pallino ?

“Siamo convinti che Pincone sia il partner che ci consentirà di aumentare in modo significativo la nostra penetrazione nel mercato “

Già, perché se eravate convinti che la Pincone fosse un’accozzaglia di rimbambiti capaci di ridurre la vostra penetrazione sul mercato firmavate l’accordo, vero… ?

A ri-mah e a ri-boh…

Alla prossima.

P.S. : Per meditare convenientemente sul tema, vi consiglio di dotarvi di appositi strumenti di meditazione.
Un “luogo” particolarmente ricco di strumenti è Wineshop dell’amico Andrea Gaetano Gatti . Ispiratevi gente, ispiratevi…

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Leadership, oh sconosciuta !

Oggi vorrei affrontare un argomento tra i più affascinanti della scienza della comunicazione d’azienda: la leadership.

Ma cos’è questa leadership ? Cos’è una azienda leader ?

Afferro il mio fedele Hazon, e rispondo: essere leader significa essere “leader, capo, guida” e leadership sta per “egemonia, supremazia, comando”

Insomma, l’azienda leader è quella che “comanda”, “guida” “domina” un certo mercato. E allora, direte voi, di conseguenza le aziende leader sono poche, molto poche. In ogni mercato ce n’è una e una soltanto.

Sbagliato.

La vostra risposta testimonia che di comunicazione non capite davvero un cavolino di Bruxelles.

Le imprese sono tutte leader nel proprio mercato, ma ad una precisa condizione. Devono emettere comunicati stampa. Qui, che vengano scritti internamente o che si affidi la scrittura ad una agenzia, la differenza è poca. Le aziende sono tutte e comunque leader nel loro mercato.

“Scusa, scusa.. saremo un po’ tardi di comprendonio, ma questa ce la devi spiegare. E’ come se in una gara di velocità arrivassero tutti primi…”

Esattamente.

Il concetto è proprio questo.

Trovare un comunicato stampa che non si presenti con il canonico: “XZXZXZ , azienda leader nel mercato XXXY….” è impresa assai ardua, credetemi.

Essere una bella azienda, sana, dinamica, creativa, innovativa, interessante, o all’avanguardia non conta: o primi o nulla.

Sembra che chi scrive un comunicato sia intimamente convinto che nessun giornalista sulla faccia della terra possa degnare di un solo sguardo un comunicato che non sia stato inviato da una azienda leader: o domini il mercato o sei nel cestino della carta straccia.

Ma vogliamo rivolgere un pensiero anche a questi poveri, disorientati giornalisti ? Ma come faranno ad analizzare, a capire come è fatto un mercato dove ci sono 120 aziende leader ?!

Mah…

Per oggi è tutto. Il leader dei Blog (io) vi saluta.

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