“Guardi, che rimanga fra noi: ma il signor Xylion , il direttore dello sviluppo del nostro concorrente Zyzz, non ha nemmeno la metà delle competenze di un nostro venditore…e poi i loro software non funzionano mi creda ! Noi abbiamo già installato il nostro prodotto presso Ford, Fiat, BMW, Coca Cola, Bayer, Unilever e la NASA lo sta valutando.”
Il precedente esempio di colloquio tra manager dell’azienda cliente e un giornalista rappresenta uno dei peggiori incubi di ogni consulente di PR. Certo forse ho un po’ esagerato (ma in passato ho avuto qualche esperienza simile…). Sta di fatto che si tratta di un tema molto rilevante. Ma andiamo con ordine.
Tra i vari elementi che concorrono a realizzare un’attività di media relations efficace, la spokesperson, ovvero il portavoce aziendale, colui che viene proposto come interlocutore ai giornalisti per le interviste (e spesso è anche colui che va a rappresentare l’azienda a convegni e seminari), costituisce una risorsa di capitale importanza, e le sue performance possono influenzare notevolmente i risultati dell’attività di comunicazione nel suo insieme.
All’inizio del rapporto tra un’azienda e l’agenzia di PR, occorre identificare subito l’interessato e valutare con attenzione le sue caratteristiche personali e professionali in funzione del suo ruolo come comunicatore dell’azienda. E’ un momento molto delicato, dato che spesso la persona proposta dall’azienda lo è in funzione del suo ruolo aziendale (è il proprietario, il fondatore, l’amministratore delegato, il direttore marketing… ) e non è affatto detto che sia pronta per essere “impiegato” nelle attività.
Occorre chiarire alle aziende che il fatto di non essere preparati a svolgere questo ruolo non è una vergogna o un reato: si tratta di una attività per cui è necessario disporre di una preparazione specifica. Non si tratta solo di avere o meno “facilità di parola” : si tratta di acquisire di una serie di competenze e nozioni, sia di tipo comportamentale che legato alla natura e alle caratteristiche dei media e dei giornalisti. Un approccio corretto a un’intervista può significare l’apertura di una relazione estremamente proficua e significativa per la comunicazione aziendale; allo stesso modo un approccio errato può precludere in futuro l’accesso a quella determinata testata, o abbassare comunque in modo significativo la qualità dei risultati ottenuti.
Ecco perché è di fondamentale importanza avere chiaro come si affronta un’intervista, quali sono gli obbiettivi, quali gli atteggiamenti più produttivi, quali gli errori da evitare, e così via.
Ed ecco perché un media training è un’attività da inserire sempre e comunque in un piano di comunicazione. E le aziende devono essere consapevoli che si tratta di tempo e denaro molto ben impiegato.