Vorrei condividere oggi con voi le considerazioni che Richard Edelmann svolge sullo stato della corporate communication e sull’impatto dei nuovi modelli e flussi di comunicazione che blogosfera e wiki stanno imponendo (o dovrebbero imporre) ai comunicatori :
“The traditional approach to corporate communications envisages a controlled process of scripted messages delivered by the chief executive, first to investors, then to other opinion-formers, and only later to the mass audiences of employees and consumers. In the past five years, this pyramid-of influence model has been gradually supplanted by a peer-to-peer, horizontal discussion among multiple stakeholders. The employee is the new credible source for information about a company, giving insight from the front lines. The consumer has become a co-creator, demanding transparency on decisions from sourcing to new-product positioning.
Smart companies must reinvent their communications thinking, moving away from a sole reliance on top-down messages delivered through mass advertising. This is the Me2 Revolution. What is now required is a combination of outreach to traditional elites, including investors, regulators, and academics, plus the new elites, such as involved consumers, empowered employees, and non-governmental organizations.”
E le relazioni pubbliche ? Ci si rende realmente conto di questi cambiamenti ? Stiamo davvero provando a ripensare strumenti e contenuti per poter davvero patecipare a questa rivoluzione ? La maggior parte di quello che vedo mi sembra davvero “polveroso” o inutile. Comunicati stampa triti e mielosi, utilizzo dell’online al limite dell’inconsapevole, fake blog, etc etc.
Ma certo la colpa non è solo delle agenzie di relazioni pubbliche. Credo non sia raro che anche quando l’agenzia avverte l’esigenza di rinnovare profondamente la comunicazione , sia l’azienda stessa che continua per la strada vecchia, senza deviare da modelli che sembrano consolidati e sicuri , ma sono in realtà totalmente incapaci di portare valore. Paura dell’innovazione e introversione sono i grandi nemici delle relazioni pubbliche efficaci.
Ascoltiamo il consiglio di Mr. Edelmann:
“How can companies embrace this future of empowered stakeholders? Speak from the inside out, telling your employees and customers what is happening so they can spread the word for you. Be transparent, revealing what you know when you know it while committing to updating as you learn more. Be willing to yield control of the message in favor of a rich dialogue, in which you learn by listening. Recognize the importance of repetition of the story in multiple venues, because nobody believes something he or she hears or sees for the first time. Embrace new technologies, from employee blogs to podcasts, because audiences are becoming ever more segmented. Co-create a brand by taking on an issue that makes sense for your business”
Amen.
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Eppure anche le agenzie di PR incompetenti godono spesso di carta bianca da parte del cliente. Parlavo con un mio cliente della sua profonda insoddisfazione recente con un’agenzia di PR (ROI pari a zero, più prosaicamente direi totale perdita di tempo). Quando gli ho chiesto cosa intendessero fare per il prossimo anno il collega del mio cliente ha detto: prendere un’altra agenzia di PR e farle fare qualche comunicato stampa. Spesso sono i clienti stessi che non sanno scegliere l’agenzia, che non sanno cosa può dare un’attività di PR ben fatta. E le agenzie poco serie basano il fatturato proprio su questa ignoranza.
Poi arriva il cliente un po’ più evoluto, quello che vuole un livello di servizio oltre il semplice comunicato stampa e il castello dei sorrisini dell’account di turno viene spazzato via dalle prime difficoltà. Per questo, stanco di perdere tempo, ho deciso un anno fa che finché fossi stato in azienda la comunicazione sarebbe passata tutta attraverso le mie mani.
Con questo non voglio assolutamente dire che non esistano agenzie di PR serie, ma purtroppo si perdono nella folla degli improvvisati e dei pseudo-professionisti.
Caro Carlo, il “fenomeno”, che tu giustamente sottolinei, delle agenzie di PR incompetenti che godono spesso di carta bianca, mi rimanda a una riflessione che ho già fatto più volte: come è possible che il tasso di incompetenza / improvvisazione / “smile management” del settore si mantenga su livelli così elevati ? Cosa impedisce un po’ di sana selezione naturale ? Per quale motivo le aziende continuano ad avere una competenza interna in comunicazione così bassa rispetto ad altre discipline aziendali? E ancora : ma perchè la maniacale attenzione con cui tutte le attività aziendali vengono normalmente monitorate e misurate sembra non toccare le relazioni pubbliche ? I disastri compiute dalle agenzie di PR sono così profondi che proprio il valore percepito della comunicazione è irrimediablmente sotto quello della marca di carta igienica prescelta ? (il cui ROI viene senz’altro accuratamente misurato..)