Mi è capitato di dover fronteggiare più di una volta richieste di clienti che, dovendo approcciare nuovi segmenti di mercato, dove erano praticamente sconosciuti, volevano in parallelo approcciare i giornalisti che di quel mercato si occupano con una specifica campagna di “introduzione”. Niente di sbagliato nell’idea, ma è la tipica situazione in cui le aziende tendono ad essere aggressive e a dare per scontato che stanno proponendo i contenuti più interessanti del mondo e pretendono di “vendere” tutto e subito. Alan Weinkrantz ha avuto lo stesso problema e raccolgo volentieri alcune sue osservazioni
Il concetto su cui Alan si sofferma è che quando si tratta di un nuovo giornalista, l’obbiettivo deve essere quello di approcciare e conoscere e non quello di vendere.
Il destinatario del pitch , giornalista, analista, opinion leader o blogger che sia, sa che il nostro obbiettivo finale è quello di avere la sua attenzione e, eventualmente, che scriva del nostro cliente, magari in modo positivo. Allora prima di approcciarlo è bene ricordare alcune semplici regole:
1. Assicuratevi che la persona sia realmente quella giusta: leggete quello che ha scritto, fate qualche ricerca, scoprite chi lo linka.
2. Chiedetevi se, oggettivamente, quella particolare persona debba essere interessata a sapere qualcosa sull’azienda, sul prodotto o sulla tecnologia in questione.
3. I contenuti che state proponendo sono coerenti con la linea editoriale della testata ?
4. Rendete l’approccio davvero di introduzione e “conoscitivo”. Magari inviate una breve email presentandovi, dite cosa proponete e chiedete se il giornalista è la persona giusta per i contenuti in questione.
5. NON INVIATE al primo approccio file con profili aziendali, background, foto e gli ultimi 10 comunicati dell’azienda. Al massimo, aggiungerei io, proponete un paio di link dove il giornalista può, se vuole, approfondire.
In generale il suggerimento di Alan è: usate buon senso e rispetto. Non dimenticate che il vostro giornalista è bombardato quotidianemente da pitch come il vostro: fate che il vostro messaggio sia vero valore aggiunto per il suo lavoro.
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L’ultima frase è importantissima a mio avviso. E’ proprio sul valore aggiunto che si gioca la partita, oggi un’azienda prima deve dare e poi, forse, potrà avere. E’ cosi anche verso il consumatore finale
Hai ragione Giorgio, e sembra anche banale, ma sono poche le aziende che si interrogano seriamente sul valore aggiunto della propria comunicazione. E ancora meno quelelche ne comprendono il potenziale come strumento di marketing.