Advertising Blues

Sollecitato (senza possibilità di sfuggire al dovere…) dall’amico Maurizio Goetz, provo a dire la mia sulla pubblicità.
 
Maurizio, l’hai voluto tu, poi non lamentarti della qualità dell’intervento…
 
Le domande poste da Maurizio sono troppo difficili per me e proverò abilmente a evitarle deviando un po’ il discorso su temi  specifici e aspetti del problema che toccano più da vicino la mia attività di comunicatore “non-pubblicitario.” Insomma, forse divagherò un po’ rispetto alle più corpose e ampie analisi che qualcuno produrrà in merito.
 
Chiarisco questo perchè probabilmente la mia visione è molto influenzata dal fatto che mi occupo soprattutto di comunicazione B2B, dove la pubblicità ha un ruolo, a mio avviso, largamente inferiore rispetto al mondo consumer, succo di frutta o pannolino che sia.  E, inutile negarlo,  sono spesso scandalizzato dalla facilità con cui le aziende trovano budget (a volte anche sostanziosi) per la paginetta di pubblicità  e non riescono ad avere una visione un pochino più ampia e articolata della comunicazione e dei numerosi strumenti oggi a disposizione. La pubblicità B2B, tra l’altro,  è tutt’ora caratterizzata da una creatività scarsissima; siamo spesso alla biondona in bikini che regge ammiccante l’oggetto…  magari una saldatrice industriale.
 
Se è assolutamente vero il concetto sottolineato da Gianluca, per il mondo consumer, circa la necessità di una comunicazione  che offra valore: “… la TV mi propone qualcosa in linea con ciò che sono io e ciò che sto guardando, evitando di interrompere, se non per pochi secondi (“il tuo tempo è importante, per noi”) e iniziando ad affiancare i contenuti…” , lo stesso concetto guida dovrebbe essere seguito (e a maggior  ragione) nel mondo B2B, dove invece si vedono ancora aziende capaci di sborsare centinaia di migliaia di Euro per “sponsorizzare” in qualche modo una squadra di serie A e mettere un microscopico loghino sul (fastidioso) muro semovente che  fa da sfondo alle interviste ai calciatori… Valore aggiunto: zero; visibilità: nemmeno quella.
 
Offrire valore, contenuti rilevanti , a questo va legato il brand, che allora ne trae a sua volta valore e credibilità per se’. E’ chiaro che questo è possibile solo con un piano di comunicazione articolato, costruito attorno al messaggio chiave che l’azienda vuole dare, dove i vari strumenti hanno pesi e ruoli differenti a seconda della specificità dei destinatari.  E il panorama dei mezzi, off-line e on-line, oggi consente davvero di trovare soluzioni creative, efficaci e a basso costo.
 
Diversamente, sono soldi buttati al vento.
 
 
 
 
  
Questa voce è stata pubblicata in Senza categoria. Contrassegna il permalink.

6 risposte a Advertising Blues

  1. Anonymous scrive:

    Grazie di aver partecipato. Ho raccolto tutti i pensieri in un documento pronto per la condivisione.

    Sharing is caring.

  2. A. scrive:

    Leggendo il tuo intervento sul meme, mi sono cappottato dalle risate, soprattutto per il punto in cui parli della biondona in bikini.
    La scorsa settimana ero al Marca di BolognaFiere dove ci sono distributori e aziende produttrici (più B2B di così…) e ti assicuro che la cosa che è stata notata di più sono state le due CONIGLIETTE (in puro stile playboy) che un’azienda ha “usato” per promuovere e fare sampling dei suoi FAZZOLETTI DI CARTA….

  3. Enrico scrive:

    Caro A., eppure , per quanto a te e a me possa sembrare ridicolo, ci sono fior di aziede che continuano a sperperare soldi per “comunicazione” di questo livello. Se da una parte (hai ragione) c’è da morire dal ridere, dall’altro un po’ mi ci incazzo, perchè in fondo sono soldi non solo sprecati, ma anche “sottratti” a una comunicazione più intelligente e, sono convinto, molto più efficace.

  4. alessandra scrive:

    Completamente d’accordo. E quanti se ne buttano, e quanto invece si potrebbe fare…

  5. Enrico scrive:

    Alessandra, se sapessi cosa ho pensato quando ho saputo cosa costa mettere il loghino sulla famosa parete mobile delal squadra di serie A… con quei soldi lo metto in prima pagina su Corriere, Sole, Repubblica, Wall Street Journal, e Times… vabbeh, forse ho sagerato, ma ti assicuro che il ritorno sull’investimento sarebbe decisamente non confrontabile … e ci lavorerei per quasi 10 anni, ho fatto il conto….

  6. alessandra scrive:

    So perfettamente quanto costano perchè li vendo anch’io. E c’è un numero impressionante di Aziende che spinge per aggiudicarsi quel minuscolo spazio, con il calcio è sempre sold out in Agenzia. Un centro media non è un’agenzia di Comunicazione o di P.R..purtroppo..E le idee creative e le iniziative “altre” dal merchio spiattellato in uno spazio fronte tv devono rimanere confinate nel cassetto del mio ufficio..