Back to basics (Interview Blues)

Ogni tanto occorre, tra new social media, blogosfere e web 2.0, fare qualche doveroso passo “indietro”  e darsi una ripassatina alle nozioni di base delle attività di ufficio stampa. E’ una cosa che mi ero riproposto di fare regolarmente, ma che in realtà è rimasta un proposito… faccio ammenda e oggi farei due chiacchiere in scioltezza sulle interviste, osservazioni sparse, per carità, non ho qui la pretesa di essere esaustivo.  

Ah, l’intervista, il sogno di tutti i manager e delle rispettive agenzie. Peccato che un ‘intervista male impostata o male organizzata possa creare più danni di una foto di Corona…

In passato mi è capitato di assistere (assistevo, eh, non organizzavo…) a raccapriccianti soliloqui di brillanti e ipercomunicativi “venditori” che sotto lo sguardo attonito del povero giornalista recitavano a memoria brochure corporate (più o meno ben fatte, ma sempre brochure) il cui succo era  più o meno: “ma guardi quanto siamo bravi, ma quanto siamo belli, i concorrenti sono dei poveracci, etc etc.  Insomma un modo scientifico per distruggere l’immagine dell’azienda e alienarsi per sempre l’interesse del giornalista.

Presupposto di base: essere preparati. Può sembrare una indicazione generica e banale, ma non lo è affatto.  Il manager che si appresta all’intervista, sa cosa fanno i giornalisti ? Sa di cosa hanno bisogno, come lavorano, che cosa si aspettano ? Insomma , sa qual’è lo scambio di valore alla base ? Per essere preparati in questo senso fatevi un bel media training con la vostra agenzia (ammesso che non si tratti di quel tipo di agenzia che del rapporto con i giornalisti conosce solo l’orrida pratica del recall sul comunicato stampa…In questo caso cambiate agenzia.) Il media training in realtà fornisce una serie più ampia di nozioni e strumenti, per esempio come gestire domande critiche, come chiarire quali informazioni è possibile dare e quali no, che l’  “off the records” non esiste, etc etc . 

E del giornalista in specifico ? Avete tutte le informazioni sulla testata, sulle aree di maggior interesse, sul taglio degli articoli ? Vi siete letti qualche articolo su temi vicini a quello di cui dovete discutere ?

E poi, venendo ad un altro punto davvero critico, avete davvero qualcosa per cui un giornalista vi deve dedicare un’ora o più del suo tempo ? Quello che avete intenzione di dire è un contenuto davvero rilevante ? L’intervista è sicuramente lo strumento più consono ?

Se siete sicuri che l’intervista davvero ci vuole, avete preparato adeguatamente il giornalista all’incontro ? Gli sono stati mandati documenti e informazioni che inquadrano correttamente l’azienda ? In questo modo non perderete tempo a spiegare da zero cosa fa l’azienda e potrete concentrarvi sul tema chiave dell’incontro.

Alla prossima.

 

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Una risposta a Back to basics (Interview Blues)

  1. Enrica Orecchia scrive:

    Grazie Enrico per averci ricordato che oltre a seconde vite virtuali, rss, podcast, SEO e terminologia varia da far rabbrividire chi non mangi web 2.0 a colazione, pranzo e cena, esiste ancora il contatto umano. Che si può ancora fare relazioni pubbliche (e intrattenere rapporti umani) guardandosi in faccia, o al limite parlando attraverso un normalissimo filo del telefono come una volta ! Certo è comodissimo scambiarsi commenti in rete, e a volte serve per creare dei rapporti altrimenti impossibili. Però non deve diventare la scusa per non considerare più chiunque non sia continuamente collegato a un computer.