Con imperdonabile ritardo reagisco al meme lanciato dall’amico Carlo Odello su un tema sicuramente complesso come la notiziabilità del comunicato stampa, ovvero quali sono le condizioni che favoriscono la ripresa di un comunicato da parte dei media. Carlo esamina in profondità parecchi aspetti del tema e io mi limiterei ad alcune osservazioni a margine.
Innanzi tutto aggiungerei ai fattori chiave la competenza specifica del comunicatore nell’area in cui opera l’azienda. Capita di leggere comunicati che sono evidentemente scritti da qualcuno che ha sì ricevuto delle informazioni dall’azienda, ma che nel tentare di trasmetterle evidenzia lacune e ignoranze di vario genere che finiscono con l’inficiare l’efficacia del comunicato. Nell’area dell’information technology casi come questo sono all’ordine del giorno. Piccolo ma significativo esempio: mi è capitato di leggere in un comunicato di una grande azienda l’acronimo RFId (radio frequency identification) tradotto come “identificazione delle radio frequenze”. Ora, è evidente come l’estensore del comunicato non avesse assolutamente dimestichezza con la tecnologia in questione, visto che l’RFId si occupa dell’identificazione e del tracking degli oggetti tramite radio frequenza. Ora credo che un giornalista che si occupa di tecnologia si faccia una sana risatina in proposito e vi lascio immaginare dove vanno a finire credibilità e autorevolezza di azienda e agenzia, che qui sono legate una all’altra, non dimentichiamolo.
Estendendo il ragionamento ai new social media, le stesse considerazioni valgono, e a maggior ragione, per chi deve per esempio gestire un blog dedicato, ad esempio, ad un prodotto o una tecnologia. E non sto parlando di tecnologie complesse, ma anche consumer: pensate agli appassionati di videogiochi o di cellulari.
Vorrei poi aggiungere che oggi sicuramente la notiziabilità può essere sostenuta offrendo al giornalista un insieme di risorse che facilitino e arricchiscano il suo lavoro. Vorrei riprendere qui quanto dicevo qualche giorno fa nel corso di una chiacchierata su Marchetting: “…oggi inviare una notizia ad un giornalista vuol dire integrare testo, immagini, link a documenti di approfondimento, a wiki, podcast, blog, etc etc. insomma si deve prendere atto del ruolo che i new social media possono e devono svolgere. Quello che rimane però sempre centrale è il problema del contenuto, cioè del valore di quello che comunico: se io do al giornalista un contenuto o una informazione che rappresenta ( o può rappresentare) realmente un valore per chi leggerà quell’articolo, io ho reso un servizio all’azienda, l’ho reso al giornalista, l’ho reso al lettore. Lo strumento in fondo qui è secondario: comunicato, intervista, blog, newsletter, white paper, case history, un parere, un commento.”
E voi come la pensate ?
sono assolutamente d’accordo
bisognerebbe confezionare un decalogo sulla forma della notiziabilità del comunicato stampa.
deve essere semplice, veloce e accativante.
i prodotti tecnologici poi dovrebbero essere coadiuvati da una notizia veicolare.
in una parola efficaci e premianti nei confronti del giornalista
Penso che la maggioranza dei professionisti della comunicazione con i quali mi rapporto, ignorano cosa sia un wiki, pensano che un blog sia un diario (lo è, ma ne ignorano le potenzialità comunicative) e compagna bella.
Però sanno che gli specializzati maschili hanno perso lo 0,25788% contro i maschili e, cacchio, dobbiamo rivedere tutto il media planning di quel cliente…
Spero tu abbia la fortuna di confrontarti con ben altra pasta.
Ciao.
Fabrizio Olati
maketingfieristico.blogspot.com
sono considerazioni molto interessanti.
sono un giornalista e mi occupo di ufficio stampa per l’agenzia di comuncazione di cui sono socio e, purtroppo, un problema col quale inevitabilmente ci si scontra è proprio la mia categoria professionale, i giornalisti.
lungi da me fare generalizzazioni pericolose (titolo per un nuovo blog? ), ma la categoria è molto indietro con la tecnologia. parlavo con una collega di un’importante agenzia di stampa, che vedeva un grande pericolo per l’informazione il giornalismo online (i blogger, per esempio) e non capiva che la tecnologia è un’opportunità, se suffragata da passione, bravura e conoscenza.
insomma, non conoscono il podcast, il wiki, gli stessi blog. e quindi uno dei problemi è quello di fargli comprendere il valore delle risorse che gli vengono fornite tramite questi strumenti.
parlano di digital divide, e questo esempio è solo una delle mille prove della trasversalità del concetto.
a presto
pensavo di dire una banalità, qua in ufficio mi hanno rammenato che grandi aziende lo fanno già,
controllano il comunicato stampa su giornali blog e tv, ci sono softwer che lo fanno
quella sopra è simona l’ho dimenticato