“Essere citati dai giornali nazionali equivale a uno spazio pubblicitario del costo di € 13.000″ (ricerca Xyzk Commuunication)”
Questa notevole affermazione (che credo faccia riferimento a una base annua) non la fa uno capitato per caso nel mondo della comunicazione.
La fa una pregiata ditta che si propone sul mercato come esperta in comunicazione d’azienda, al punto di erogare “corsi di formazione” sull’argomento. E che, incidentalmente, ci spiega via email che con un softwerino da 290 euro, (costava 1.200, ma c’è lo scontone, come i materassi in TV, tranquilli) l’ufficio stampa professionale e costantemente aggiornato te lo puoi tranquillamente fare in casa.
Lasciamo perdere, almeno per ora, il softwerino.
Io, come molti altri , ho sempre sostenuto che le aziende devono effettuare una qualche misurazione dei risultati della propria attività di relazioni pubbliche e di ufficio stampa in particolare. Sulla misurabilità esistono molte teorie e pareri e i criteri possono essere diversi, dai più semplici ai più sofisticati. L’importante è che il criterio prescelto abbia un senso in relazione alla tipologia di attività svolta e al target di riferimento del business aziendale. E’ evidente che ci sono aziende per le quali ha molto più valore un articolo su una rivista specializzata che tira 15.000 copie, piuttosto che una notizia sul Corriere della Sera. Si deve trattare comunque di un criterio che ha, evidentemente, una dimensione quantitativa e una qualitativa. Questo in generale e senza scendere in dettagalio sulle possibili alternative; ce ne sono parecchie, ripeto.
Ma stupidaggini come quelle riportate all’inizio meritano qualche riflessione.
Prima di tutto misurare e “valorizzare” l’attività di uffico stampa in “spazi pubblicitari” non ha senso sotto nessun punto di vista. A parte il fatto che, evidentemente, si sta parlando solo di risultati sulla carta stampata, ignorando quindi totalmente l’online, il significato di una inserzione pubblicitaria è profondamente diverso da una citazione spontanea di un giornalista, o da un articolo. Il valore della comunicazione non è confrontabile, perchè stiamo parlando di strumenti di comunicazione diversi con obbiettivi diversi.
E da dove saltino fuori i 13.000 Euro come valore standard poi, non vale nemmeno la pena di scoprirlo.
Certo si tratta di un altro simpatico caso di mistificazione commerciale che bene non fa a nessuno, ne’ a chi si occupa seriamente di comunicazione ne’, tanto meno, alle aziende che cascano in questi ridicoli equivoci. Aziende che magari, a fine anno, armate di righellino e calcolatrice si calcolano tutte soddisfatte i loro “risultati di comunicazione” senza avere idea di dove sia la loro reputazione.
mi viene solo da dire “sante parole”… Conosco una aziendina RP che una volta ha misurato in questa maniera anche gli “spazi” ottenuti con articoli negativi nei confronti del cliente. Bella pubblicità, appunto!
…non saprei se pensare peggio dell’agenzia o del loro cliente …. a meno che non li abbiano cacciati a pedate due secondi dopo.
è un pò come le persone che avendo un dolorino e vanno dalla vicina che con un’offerta ti guarisce con una tisana ed un massaggio, al posto del medico.
io rimango sempre stupita dall’esistenza di queste aziende che propongono queste cose, ma quelle serie che studiano analizzano e presentano fior fiori di pubblicità perchè non diventano più seri.
bisogna smettere di sottolineare le cose brutte la polvere insomma quelli che fanno brutti lavori.
Bisogna essere meno autoreverenziali.
e come se il medico andasse in giro a criticare i maghi oppure i massaggiatori o altro.
Chi sa fa non sa insegna
simona
chi sa fa chi non sa insegna.
mi dimentico sempre qualche lettera nella penna
simona
Credo di avere capito di chi parli. Anch’io sono stato raggiunto da un messaggio promozionale di questo tipo in e-mail. Che belli questi strumenti: mettono a disposizione di tutti la possibilità di creare spam e di snervare così i giornalisti. Non so più che pensare, mi sembra un mondo di improvvisati, dove andremo a finire, direbbe mia nonna.
se esistono aziende RP che propongono approcci di questo tipo (mi viene da dire) è evidente che c’è un mercato “ricettivo” a queste castronerie. Ci sono aziende che confondono e sovrappongono l’esposizione generata da una pubblicità con una citazione spontanea di un giornalista. Ci sono CEO illuminati che chiedono – indifferentemente – che la loro azienda esca SOLO su Sole, Corriere, Repubblica (perchè sono i più “importanti”, giusto?) tralasciando e sottostimando il mazzo che magari ti fai per creare awareness in contesti più “settoriali” ma quantomai “utili” per quel brand …
Prima di fare RP dobbiamo fare “evangelizzazione” e “formazione” sul concetto di RP. Spiegando (o almeno provando di spiegare) cosa vuol dire il nostro lavoro.
ciao!
Gian Maria
http://marchetting.wordpress.com
sono assolutamente d’accordo con Gian Maria
è necessario fare formazione.
simona
@ Simona, se sono un medico e vedo un ciarlatano che invece di curare vende polverine magiche danneggiando la salute di qualcuno, lo critico eccome. Qui non è questione di essere autoreferenziali, è questione di essere un po’ stufi di vedere la propria professione sputtanata.
Il problema è che questi comportamenti apparentemente pagano. E’ come lo spam, tutti lo detestano, ma si basa sulla legge dei grandi numeri e funziona. Dobbiamo quindi sensibilizzare e dimostrare in modo inequivocabile che invece sono successi di paglia, mezzucci come quelli di chi vive di sotterfugi.
Giusto, Maurizio. Un p� come i “cheat code” dei videogiochi: si tratta di mezzi che “drogano” e alterano il normale corso delle cose, dando forse vantaggi nel breve periodo ma inficiando un processo di pi� ampia portata. Occorre creare consapevolezza. A partire da noi.
Gian Maria
@ Gian Maria: sono perplesso anche sugli eventuali vantaggi nel breve….