In un interessante documento (che potete scaricare qui) scritto da John V. Pavlik e pubblicato anche dall’ Institute of Public Relations , viene analizzato l’impatto delle tecnologie sul modo di gestire le Relazioni Pubbliche. Una lettura che vi consiglio.
Vorrei solo soffermarmi brevemente su alcune considerazioni svolte da Pavlik e che trovo molto simili a quelle che ho avuto modo di esporre in altri post e commenti circa il significato dei cosiddetti “social media” , delle nuove tecnologie e le loro conseguenze sul piano dei cambiamenti culturali necessari per utilizzarli in modo compiuto ed efficace.
C’è una differenza sostanziale tra le tecnologie che semplicemente modificano o migliorano canali di comunicazione esistenti e quelle che invece portano una trasformazione profonda del modo di fare comunicazione, in modo sostanziale e non tecnologico-formale.
Mandare un comunicato via email anzichè per fax appartiene alla prima categoria, il blog del CEO (aperto ai commenti e aggiornato con continuità) appartiene alla seconda.
Aggiungerei anche che è possibile , come più volte ho sottolineato, aprire un corporate blog restando però contemporaneamente ancorati a una cultura della comunicazione arretrata e tutt’altro che conversazionale.
“The new media, Web 2.0, is disrupting everything,” ammonisce Peter Debreceny, Chair of the Institute for Public Relations Board of Trustees - ”Web 2.0 is not just adding to the communication mix. “It requires a completely new way of thinking.”
Una ricerca di van der Merwe, Pitt, Abratt, e Russell del 2005 sottolineava: “Stakeholders can now communicate with each other about an organization in a very public way. The public relations function will in most cases be the department dealing with these unplanned messages. As stakeholder strength increases, PR practitioners will have to develop strategies that deal with the rising power of different stakeholders on the Web.”
Gary Goldstein ha efficacemente sottolineato come Internet abbia introdotto tre elementi rivoluzionari nei processi di comunicazione: il primo è stato la pubblicazione in versione elettronico di news e contenuti disponibili su carta o trasmessi via TV e radio; il secondo è stato la disponibilità online di grandi risorse di informazione come i database di letteratura scientifica. Il terzo sono stati i blog, dove individui privati utilizzano le notizie come basi su cui sviluppare commenti, analisi e confronti di opinioni con i propri lettori.
Come sintetizza bene Pavlik “Web 1.0 meant better pathways to sending information to publics, editorially based, and right up our alley. Those in PR did a very good job in 1994-2004 in taking advantage of the opportunities the Web offered. Web 2.0 is different because it’s not just a technological enabler of existing methodologies.”
Francamente mi sembra che questi messaggi non siano giunti alla maggior parte delle aziende, che continuano a rivolgersi a strumenti etichettati (a volte a sproposito) web 2.0 senza una precisa percezione del loro significato.
Immagine di James Marsh
fai bene ad insistere su questi concetti, non è mai abbastanza.