Comunicazioni interne (Inside Communication Blues)

A leggere certi comunicati stampa, ci si chiede come mai qualcuno si sia preso la briga di distribuirli all’esterno dell’ azienda che li ha generati, dal momento che contengono poco o nulla di rielvante e utile all’esterno dell’organizzazione, e quindi sono assolutamente privi di effetti positivi sul business.

Il tema delle aziende che si parlano addosso non è nuovo su questo blog, ma vi assicuro che è sempre di “scottante” attualità.

Tali comunicati (almeno così sembra) vengono prodotti per rendere felici i manager che li possono così approvare internamente, soddisfando propri bisogni personali/aziendali, e per la gioia di chi scrive (e poi difende ) certe communication guidelines, attentissime a 100 questioni di forma, ma totalmente avulse da concrete esigenze di comunicazione.

Quando mi vengono ad esempio inviati certi format in Word per i comunicati stampa, mi domando se chi se ne preoccupa ha mai riflettuto sul fatto che (almeno nel settore IT in cui lavoro) i comunicati oggi si inviano per email, idealmente in formato testo: contenuti e link sono quello di cui i giornalisti hanno bisogno.

Attachment ? No grazie: foto e documenti di approfondimento si rendono disponibili attraverso, ad esempio, la pagina di un Wiki (noi stiamo adottando questa soluzione e mi sembra molto funzionale).

Spesso anche i contenuti hanno bisogno di un processo di “localizzazione”, (che non è la traduzione) ovvero di un adattamento alle specifiche esigenze del mercato locale: a che serve, ad esempio, enfatizzare una funzionalità che in un mercato non viene utilizzata e dimenticarsi di citare la presenza di una che invece viene molto richiesta localmente ?

Confesso: mi sono reso colpevole di spaventosi crimini contro frasi vuote, font e allineamenti del testo ( – va “a bandiera”, non “giustificato”, vede ? – )

Ma la mia coscienza di comunicatore, vi assicuro, è pulita.

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