Il pessimo articolo del Corriere della Sera sugli utenti di Facebook , sul quale vi consiglio in particolare, tra i tanti, i commenti di Luca Conti e di Mantellini, deve farci riflettere e suonare come un campanello d’allarme.
Guardiamolo in paralello al caso (molto meno rilevante, ma altrettanto esemplare) del blogger che riporta stupidaggini su azende e prodotti senza verificarne nemmeno una virgola.
Il modus operandi dei due “giornalisti” presenta aspetti comuni: in realtà non scrivono, ma lavorano attraverso aggregatori di fonti.
Una volta avuto il flusso dei risultati, selezionano rapidamente quello che gli sembra più “stuzzicante” o trendy per la pubblicazione: ctrl-C, ctrl-V, e l’articolo è fatto.
Approfondire il senso di quello che si pubblica ? Verificare qualcosa ?
Non si può.
L’economia dell’informazione (specialmente quella online, ma non solo) richiede oggi che si produca la maggior quantità possibile di contenuti nel più breve (ed ecomonico) tempo possibile. E così la propagazione di eventuali bufale avviene quasi in tempo reale.
Conseguenza specifica per le aziende: i tempi di reazione devono essere rapidissimi, e occorre monitorare costantemente ciò che viene pubblicato online per evitare (per quanto è possibile) che informazioni infondate divengano “fatti” di dominio pubblico, intaccando la reputazione di aziende, prodotti, persone.
Buon lavoro a tutti.
Però questo non è giornalismo!
Assolutamente vero carissima. Ma sono i meccanismi che sembrano governare una parte dell’informazione che gira in rete. E distinguere è diventato davvero complicato.
L’articolo mi aveva molto sorpreso per lo strano taglio e tutti i cliché veicolati. Magari una chiamata/mail all’ufficio stampa avrebbe aiutato i giornalisti a scrivere un articolo credibile evitando amalgami con altre piattaforme e apriori. L’ufficio stampa deve essere visto come il giusto tool per aiutare il giornalista nella sua ricerca di materiale, poi libero lui di tirare le proprie conclusioni.
Cara (o caro) Origami, hai assolutamente ragione, ma proprio qui è il punto. Ci sono forse due ordini di problemi. Uno è il fatto che purtroppo alcuni uffici stampa non sono evidentemente in grado di qualificarsi come “risorsa” per i giornalisti (non sto parlando di quello di Facebook, ma in generale) e spesso quindi vengono totalmente by-passati. Il secondo è quello proprio del giornalismo “da corsa” o di taluni blogger-giornalisti che a prescindere dalla possibilità o meno di approfondire e verificare preferiscono andare diretti al post.
(ho cambiato la mia intestazione – Origami/Axelle) in effetti. Di solito sono più che felice, quando l’argomento si presta, di fornire informazioni o di suggerire contatti che non riguardano il mio cliente, ben contenta appunto di essere vista come una risorsa.