Qualcuno potrebbe essersi un po’ stupito del post precedente, e considerare poco accorto, (o per meglio dire poco”PR”) , e in un certo senso “fuori tema”, emettere in pubblico un giudizio così negativo sulle attività di comunicazione di una grande azienda come IBM.
Dico questo perchè ho avuto molto (troppo) spesso la sensazione che il ruolo delle agenzie di PR sia visto in molti modi, ma non sotto l’unico che gli competerebbe, ovvero quello consulenziale.
L’immagine delle agenzie di PR che percepiamo dalle aziende, soprattutto durante i nostri incontri di new business, è quella di un servizio “accessorio” il cui compito chiave è, alla fine, quello di distribuire comunicati e comunicare con i giornalisti, dove la componente consulenziale, strategica e di definizione / creazione e gestione dei contenuti è molto limitata, se non completamente assente.
Quello che voglio dire è che, nella remota ipotesi in cui fossi stato un consulente di IBM, avrei comunque preso il telefono e avrei caldamente consigliato il mio cliente di intervenire su quella modalità di comunicazione, perchè la ritengo auto-lesionista, dato che IBM dispone sicuramente di contenuti che non hanno certo bisogno di “trucchetti” per essere consultati, e che possono essere veicolati in 100 altri modi, più efficaci e appropriati. Perchè anche se l’agenzia di PR non segue direttamente l’attività pubblicitaria, quando vede l’azienda utilizzare strumenti che ne “minano” in varia misura la reputazione e l’immagine, ha il dovere “istituzionale” di tirare le orecchie al proprio cliente.
Spesso, soprattutto nelle prime fasi di collaborazione, i nostri clienti sono un po’ stupiti da questo atteggiamento, che però, alla lunga viene generalmente molto apprezzato, perchè si tratta di un valore aggiunto di non poco conto.
Ringrazio ancora Alessandro Ferrari per il suo intervento nei commenti, un esempio di come, evidentemente, ci sono persone, nelle aziende, che sanno come e quando entrare nelle conversazioni, un segnale comunque positivo.
Caro Enrico, concordo pienamente con te. Spesso viene sottovalutato o addirittura snaturato l’aspetto strategico nelle attività di consulenza. Se la ruputazione di un brand (ma anche di un individuo) è il frutto di un insieme di attività, comportamenti, prodotti e stili di comunicazione, come non stigmatizzare una mancanza di coerenza comunicativa o una piccola falla. L’intervento di Alessanndro Ferrari testimonia, anche per me, l’affermarsi di una sensibilità diversa e positiva, e un’attenzione sincera verso le conversazioni e il consolidamento della propria net reputation.
Sono d’accordo con questa analisi. Malgrado i venti di crisi, mi sento tuttavia di essere ottimista per il futuro. Mi aspetto uno spostamento dei grandi clienti verso le agenzie medio/piccole per un discorso di costi. Questo slittamento porterà con sé anche la scoperta di una dimensione diversa delle relazioni pubbliche. Nelle piccole agenzie infatti la relazione con il cliente è reale e continua. Quale presupposto migliore per la riscoperta del rapporto fiduciario alla base di qualsiasi attività di consulenza?