Non so se avete avuto modo di vedere la campagna attuata in questi giorni da Europ Assistance. A me è arrivata via email.
Va la propongo qui sotto. Dategli un occhiata e poi ne parliamo…
Su questo blog ho riaffermato molto spesso il concetto (secondo me chiave) che il famoso social marketing (o marketing 2.0, come volete chiamarlo) si caratterizza soprattutto per il modo innovativo (aperto, trasparente, realmente interattivo, ecc ecc ) di gestire il rapporto con i clienti , attuali o potenziali che siano. E’ quindi un fatto più “culturale” che “tecnico”. Estremizzo: posso fare una cosa realmente 2.0 attraverso un piccione viaggiatore e una tavanata di paleo-marketing 0.1 pur utilizzando spazi “denominati” 2.0 (avete in mente il twit di Groupalia ? Ecco..)
Ora, niente di così catastrofico in questa campagna , intendiamoci. Eppure qualcosa non suona proprio.
Il “mi piace” di Facebook è la modalità attraverso cui posso esprimere e condividere con tutti i miei contatti su FB, in modo autonomo e spontaneo, il mio giudizio positivo su una persona, una notizia, un prodotto, un’azienda. E’ proprio in questa sua caratteristica che risiede il suo formidabile valore da un punto di vista marketing. Il parallelo con le valutazioni dei venditori su Amazon o eBay mi pare illuminante. Niente di più “social” di questo.
Ma se lo “pago” ? Se prometto uno sconto, cioè un vantaggio economico, in cambio di quello che dovrebbe essere un giudizio spontaneo, che senso ha quel “mi piace” ?
E’ un po’ come quando si parlava dei post di qualche blogger di grido che magnificava un prodotto perché, in un modo o nell’altro, “prezzolato”.
Allora, voi che ne dite ? “Avere” il 2.0 (basta avere la pagina su FB e l’account Twitter), o “essere” 2.0 ? E’ un fatto sostanziale o sono solo sfumature ?
A voi l’ardua risposta…