Rileggendo abbastanza sconsolato i dati presentati da Assinform ieri sullo stato dell’ICT in Italia, ripensavo a quanto avevo già avuto modo di scrivere qualche tempo fa sulle difficoltà di comunicazione dei vendor ICT verso la piccola e media impresa.
Al di là delle indubbie, gravissime mancanze di “governance” istituzionale per quanto riguarda l’innovazione tecnologica in Italia, (più volte sottolineate con forza sia da Roggero che da Capitani) le aziende che offrono hardware , software e servizi non possono non domandarsi se questo “muro” che li separa dalle PMI non sia per caso dovuto anche a qualche serio problema di comunicazione.
Se non si adottano linguaggi e schemi di riferimento comuni, e se non si costruiscono messaggi appropriati, la comunicazione del mondo ICT continuerà ad essere comprensibile solo alle grandi aziende.
Ma non basta.
Ammesso, e non concesso, che esista davvero un’offerta capace di offrire alle PMI gli strumenti idonei per realizzare le innovazioni di prodotto e di processo necessarie, le aziende produttrici devono farsi carico di un processo “educativo” all’innovazione: se non viene trasmessa in modo efficace una cultura dell’innovazione, i benefici che da questo processo dovrebbero arrivare, non si potranno realizzare.
Non è un compito facile, ma se non ci sbrighiamo…
tanto per confermare che le pmi non hanno ancora capito cosa può fare l’ICT per loro:
http://tinyurl.com/ajk5o
pienamente d’accordo. Scrivo da una zona in cui le piccole e piccolissime imprese la fanno da padrone e se da una parte il problema sta nell’ignoranza (e anche presunzione) dei proprietari di azienda, dall’altra ci troviamo con una schiera di pseudoinformatici, gente (presuntuosa) che mette la tecnologia al primo posto e non riesce a capire le esigenze delle pmi e tantomeno a rapportarsi con un proprietario che magari ha solo la quinta elementare, parla in dialetto e (giustamente) non capisce un tubo quando gli si parla in informatichese.
Poi bisogna anche dire che certi pseudoinformatici propongono soluzioni parziali o inaffidabili che sono peggio del male e allora si capisce perché dopo un po’ gli imprenditori li guardano male.