Pensierino del Martedì (Tuesday Morning Blues)

Sarebbe meglio che le aziende invece di preoccuparsi sempre ed esclusivamente delblogging_md “come” (Facebook ? Twitter ? Blog ? Sito ? Campagna email ? Guerrilla ? ) dedicassero qualche minuto al “cosa”.

Cosa sto dicendo ? C’è un messaggio chiaro ? Ho una strategia ? Noi siamo dove ci sono i nostri stakeholder ?

Ecco, così magari si evitano sprechi di tempo e soprattutto di denaro.

Questo grosso equivoco, confondere i contenuti innovativi coi contenitori innovativi, non cessa di essere largamente presente.

Lancerei un nuovo slogan/provocazione per la comunicazione aziendale : “Meglio un fax intelligente che un blog inconcludente”

Buona giornata.

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Tre in un colpo (Another PR Fiasco Blues)

Questa storia di Facebook che ingaggia Burson Marsteller per rovinare la reputazione di Google è triste sotto molti punti di vista.

bizarre_b_bParto dal fondo: a rimetterci alla fine è anche la già poco solida reputazione delle agenzie di PR, il cui ruolo verrà ancora una volta visto come “torbido” e fondamentalmente disonesto. Grazie, ne sentivamo proprio il bisogno: altro che competenze e ruolo consulenziale …

Riassumo brevemente i fatti (da The Daily Beast) :

“… For the past few days, a mystery has been unfolding in Silicon Valley. Somebody, it seems, hired Burson-Marsteller, a top public-relations firm, to pitch anti-Google stories to newspapers, urging them to investigate claims that Google was invading people’s privacy. Burson even offered to help an influential blogger write a Google-bashing op-ed, which it promised it could place in outlets like The Washington Post, Politico, and The Huffington Post.

The plot backfired when the blogger turned down Burson’s offer and posted the emails that Burson had sent him. It got worse when USA Today broke a story accusing Burson of spreading a “whisper campaign” about Google “on behalf of an unnamed client.” (…) Confronted with evidence, a Facebook spokesman last night confirmed that Facebook hired Burson…”

Non male eh ?

Qualche riflessione a caldo.

1. Le agenzie di PR dovrebbero capire (sapere) che si può lavorare efficacemente solo “in positivo” costruendo e rafforzando la reputazione dei propri clienti, in modo competente e0uro_caza012 trasparente. Il resto porta invariabilmente dove abbiamo visto qui e in molte altre occasioni.

2. Ancora una volta l’agenzia di PR si è mossa ignorando totalmente le caratteristiche e la cultura dei blogger, ( e probabilmente di quel blogger in particolare) muovendosi come un elefante in un negozio di porcellane. 

3. Quindi alla fine le reputazioni danneggiate sono 3: quella di Facebook, quella dell’agenzia e quella delle PR in generale.

Many thanks.

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Perché, perché… ma soprattutto: perché ? (Internal Language Blues)

Tra le cose più  frustranti che capitano a chi deve gestire come consulente la comunicazione di una azienda, c’è il dover fronteggiare uno dei vizi capitali dei comunicatori “interni” , e cioè pretendere di lanciare messaggi  erso l’esterno dell’azienda utilizzando un linguaggio comprensibile solo  per gli addetti ai lavori più “verticali” o addirittura un linguaggio totalmente “proprietario”.

Questo modo di comunicare (o meglio di non comunicare)  esclude di fatto dalla comprensione di un testo il 95% di coloro che avranno modo di leggerlo, e  (fatto non trascurabile) obbligherà comunque il giornalista ad un lavoro di traduzione per i suoi lettori; il che significa che il comunicato finirà quasi sicuramente nel cestino…

Il vizio in oggetto si esprime attraverso vari sintomi: per cominciare l’uso indiscriminato di acronimi, di cui si abusa e per di più ci si dimentica di esplicitarli. ( ho visto di recente unattack comunicato dove ce n’erano otto in quattro righe di testo…)

Poi ci sono gli “inglesismi” ad ogni costo, che per un profano possono non essere assolutamente facili da contestualizzare.

E infine ci sono quelle espressioni “gergali”, a volte anche sgrammaticate o improprie, che sono  di uso comune e quindi comprensibili solo per una ristretta cerchia di addetti ai lavori. (o forse solo al terzo piano della sede aziendale…)

Ora, l’uso di in linguaggio tecnicamente appropriato è doveroso; lungi da me il voler semplificare o banalizzare a tutti costi. 

Ma perché escludere volontariamente dalla comunicazione anche chi, magari , potrebbe essere interessato al prodotto o al servizio di cui si parla, ma non riesce a capire ciò che gli viene comunicato ? Perché ? Mah…

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Letture consigliate

1)interactivity Ecco un interessante post da Jeffbullas.com sui 10 peccati capitali commessi da chi utilizza i social media

2) Un articolo tratto ad Adage sul curioso comportamento delle grandi aziende che investono nella comunicazione social, ma poi si dimenticano di promuoverla sui loro siti.

3) Una guida rapida per  l’utilizzo dei Social Media , dell’impareggiabile Giornalaio …

Buona lettura.

(immagine: James Marsh)

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Adesso che sono tutti 2.0, i cambiamenti ci sono ? (Monday Morning Blues)

Va bene, adesso siamo tutti molto 2.0.

art_hoax_sDalla casa automobilistica, al produttore di vini, alla pasticceria all’angolo, sono tutti dotati di pagine e gruppi su Facebook, eventuale sito o blog, magari anche la newsletter, ecc ecc.

Molto bene.

Ma è stato solo uno “spostamento” della comunicazione in termini di formati e di strumenti, (cose vecchie su canali nuovi) o c’è realmente in generale un nuovo rapporto tra aziende e clienti ? C’è più rispetto e ascolto ?

C’è il famoso e famigerato “dialogo” o in sostanza è tutto esattamente come prima e i rapporti di forza non si sono spostati ?

Il quesito mi sembra lecito .

E a voi ?

Buona settimana a tutti.

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Benvenuti nel nuovo blog…

Se siete arrivati qui, il re-direct dal precedente blog su Blogger ha funzionato…

Il qui presente nuovo blog su piattaforma WordPress è in fase di riallestimento e modifica, abbiate pazienza..

Grazie e buona lettura.

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Esci dall’azienda per favore… (The External Point of View Blues)

Qualche tempo fa avevo ironizzato su un tema che merita invece forse qualche riflessione un po’ più seria.

L’argomento, non facile, è quello della percezione degli avvenimenti aziendali da parte del responsabile interno della comunicazione e dei problemi  che sorgono quando qualsiasi avvenimento aziendale viene sempre considerato e trattato come una “notizia” e quindi si chiede all’agenzia di declinarla in un comunicato stampa con tutte le relative (elevatissime) aspettative del caso.

prospettiva-borrominiIl messaggio chiave che mi sentirei di inviare a tutte le aziende, di qualsiasi dimensione siano e in qualsiasi mercato operino è: l’azienda non è una notizia.

Sembra davvero banale , ma non è così.  

Il problema è che i MarCom hanno spesso la tendenza a valutare gli accadimenti aziendali con una visuale squisitamente (e pericolosamente) interna.

Se un “evento” aziendale (potrebbe essere un nuovo prodotto, un nuovo cliente, un progetto portato a termine…)  viene vissuto come importante internamente, ecco che ci si aspetta che anche il mondo esterno ( i pubblici dell’azienda) dovrebbe trovarlo assolutamente rilevante e interessante.

Occorre invece fare uno sforzo per “esternalizzare”  il giudizio, e domandarsi, nel modo più oggettivo possibile, se quello che si ritiene sia una notizia porti un qualsiasi valore ai destinatari della comunicazione.

Detto in altri termini il quesito da porsi è: sto offrendo un “contenuto” ? Sto comunicando qualcosa che potrebbe essere una informazione utile, un indicazione verso la soluzione dei problemi di cui la mia azienda si occupa ?  Qualcosa per cui  chi legge questa notizia dovrebbe trovare motivi per approfondire la reciproca conoscenza ? Qualcosa che mi aiuta a qualificare / posizionare l’azienda come “esperta” e “competente” rispetto rispetto al mercato dove opero ?

Spostando ancora leggermente l’angolo di visuale potremmo anche chiederci: sto aiutando il giornalista  a cui invio questa comunicazione a svolgere meglio il suo lavoro ?

Buon lavoro a tutti !

Immagine: FRANCESCO BORROMINI Finta prospettiva della galleria di Palazzo Spada (1652-53)

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Letture varie del Lunedì

1) New Research on Marketing Asset Management Suggests It’s More Than Just a Company’s Image that Drives Revenue: Aberdeen Group Report Shows How the Best Companies’ Assets Drive Greater Revenue.

Link all’articolomainpicture

2) For Hotels, Bad Wi-Fi Connections Equals Bad PR: Lodgings Lose Repeat Business With Poor Wi-Fi Service and Drive 36 Percent of Business Travelers Away, According to iPass Hospitality Survey Findings

Link all’articolo

3) Campaign: Food and drink – Talisker sets sail to raise cash for charity

Link all’articolo

4) Rebooting Web Publishing Design

Link all’articolo

5) A Company’s Online Presence Is Now the Measure Of Its Brand Awareness and Sophistication — How’s Your Site Looking?

Link all’articolo

Buona lettura…

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L’Azienda e il Dentifricio del Presidente. (The Toothpaste Blues)

Credo che una delle più pericolose e nefaste malattie che possono affliggere la comunicazione aziendale sia la famosa “sindrome del dentifricio”.

toothpaste La scena è questa: il baldo consulente per la comunicazione dell’azienda XYZ riceve una email urgente dalla sua interfaccia presso il cliente che lo avvisa dell’imminente arrivo di un documento di base, che dovrà diventare rapidamente un significativo comunicato stampa, su cui (naturalmente) occorrerà poi attivare un intenso e proficuo lavoro di  “follow-up”.

L’impavido consulente attende con ansia il documento, perché effettivamente l’azienda non comunica niente da tempo, ed era davvero il momento di avere dei contenuti freschi e corposi su cui poter lavorare.

E finalmente il documento arriva.

E dopo un minuto il consulente chiama al telefono la sua interfaccia.

“Ciao, scusa, ho visto il documento… Forse però mi hai mandato quello sbagliato, perché qui dice che il Presidente del Gruppo ha cambiato marca di dentifricio…”

“Sì sì ! Hai letto ?? In azienda non si parla d’altro da settimane e finalmente abbiamo l’OK per il comunicato ! A proposito, avrei bisogno che mi mandi urgentemente la proposta per la mailing list perché la vorrei vedere assieme al Marketing Vice President del Gruppo. Sai com’è, su certe attività vogliono vedere tutto prima…”

“…???…”

“Ma è cascata la linea ?? Ci sei ?”

“Sì,  sono qui…”

“Naturalmente poi dovremo pensare alle interviste di approfondimento, per le quali mi attendo da voi una prima lista che poi integreremo con le eventuali richieste specifiche del Presidente…”

“Ah certo, le interviste…. ma vedi, forse non ce ne sarà bisogno: mi sembra già di vederli i capiredattori dei maggiori quotidiani e i principali analisti economico-finanziari. Si alzeranno di  scatto dalle loro scrivanie urlando con gli occhi fuori dalle orbite: – Ommioddio ! Ma sarà Colgate o Mentadent ?!?! Presto, un telefono e il numero del loro ufficio stampa !! – Tranquillo…”

P.S. Cari marketer, quando decidete di comunicare qualcosa, ponetevi la domanda: ma tutto ciò, può avere un qualsiasi valore per uno qualsiasi dei pubblici della mia azienda ? O forse starebbe bene solo nella bacheca delle comunicazioni interne ? ….

Grazie per l’attenzione.

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Social Media e danni non previsti.. (Social Media Damage Blues)

Avevo pensato molte volte di scrivere un post del genere… poi, come spesso accade ecco che qualcuno, gentilmente me lo sforna più o meno come l’avevo in mente.

E’ quello che mi è successo leggendo questo post  inititolato Quando il Social Media Marketing inizia a far danni.

La provocazione di Riccardo Esposito si può forse sintetizzare nella frase “ il Social Media Marketing non è il mondo dei balocchi.”


E non c’è dubbio, guardandosi attorno, che qualcuno deve averlo pensato e deve aver creduto che bastasse utilizzare un tecnologia, un format, per divenire immediatamente e proficuamente “2.0″.

Sottolinea Riccardo: “… gli account Twitter rimangono pagine mute con 2-3 tweets che condividono pochi link, le Facebook Fan Page si trasformano in un guazzabuglio di interventi senza senso e i blog… beh, i blog nascono e muoiono in poche settimane”.

Come ho già scritto parecchie volte, la questione è culturale e strategica.

Abbracciare il concetto “markets are conversations” nella propria attività di marketing significa cambiare il proprio rapporto col mercato, implica che si abbiano obbiettivi chiari e definiti e una strategia complessiva (non solo online) per raggiungerli, occorre avere ben presente che il livello di impegno dell’azienda deve essere totale e a tutti i livelli, che si dovranno mettere a disposizione risorse umane e finanziarie adeguate a sviluppare in modo continuativo le attività intraprese: insomma un impegno tutt’altro che facile.

Se si cade nell’equivoco di aver trovato media pubblicitari molto trendy e a basso costo, dove tutti accorreranno entusiasti verso il vostro brand solo perchè siete lì, i danni arriveranno.

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