Crisis communication, non ci si pensa mai abbastanza. (Crisis Reaction Blues)

Questo articolo sulla recentissima questione dei fornitori di carne cinesi e sulle modalità di gestione della comunicazione da parte dei brand coinvolti, ripropone il tema del crisis management e della preparazione necessaria.

In pillole alcune raccomandazioni base:

1. Agire in modo razionale e non emozionale

2. Dimostrare reale empatia e preoccupazione verso i clienti coinvolti

3. Non prendere a priori una posizione difensiva, siate aperti e proattivi nell’accertamento dei fatti

4. Ascoltare: i social media danno ampie opportunità di ascolto e dialogo costruttivo con i clienti

5. Comunicare attivamente utilizzando i mezzi direttamente a disposizione: sito, blog, pagina Facebook, Twitter. In caso di necessità si può rapidamente mettere in piedi un mini sito o un blog dedicato.

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Comunicazione… ? (Borderline PR Blues)

Questo articolo di Punto Informatico analizza la situazione dopo la dichiarazione di undici grandi agenzie di PR circa il rispetto delle regole di Wikipedia.

Detto in parole semplici e brutali ci si è finalmente accorti che forse non è esattamente particolarmente corretto andare a “ripulire” i profili delle aziende clienti facendo sparire qualsiasi informazione “scomoda”, vera o falsa che sia e magari aggiungerne a piacere…

Anche definirla “attività di PR” è un bel salto mortale doppio carpiato….

Qui comunque il testo della dichiarazione:

“On behalf of our firms, we recognize Wikipedia’s unique and important role as a public knowledge resource,” the statement reads. “Our firms believe that it is in the best interest of our industry, and Wikipedia users at large, that Wikipedia fulfill its mission of developing an accurate and objective online encyclopedia. Therefore, it is wise for communications professionals to follow Wikipedia policies as part of ethical engagement practices.”

 

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Le traduzioni, queste sconosciute… (Translations Blues)

Le attività di marketing e comunicazione sono spesso basate su documenti tradotti dall’inglese. La traduzione è un’attività tutt’altro che banale e, se svolta in modo efficace, costituisce un vero punto di forza e un fattore di successo della comunicazione.

Alcune osservazioni al volo tratte dal sito di Quorum PR:

“Tradurre dall’inglese un testo, sia esso un comunicato stampa, un white paper o i testi di un sito, richiede competenze che vanno ben oltre la semplice traduzione letterale, per quanto corretta essa sia.

Innanzi tutto in ambito ICT occorre una conoscenza di base delle tecnologie di cui si scrive, in modo da inquadrare correttamente i contenuti in termini di pubblici di riferimento e in funzione di una esposizione tecnicamente corretta delle informazioni.

Ma per produrre un contenuto realmente efficace, occorre una “localizzazione” completa del testo, rielaborandone la struttura e il linguaggio, in modo tale da mettere in risalto le informazioni  che sono di maggior “valore” in riferimento al mercato italiano, eliminando ridondanze ed eventuali ripetizioni.”

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La (troppo ?) difficile arte del Social Media Manager (Social Media Blues)

Questo provocatorio articolo dal titolo inequivocabile mette in luce quanta approssimazione o forse improvvisazione ci sia tra le aziende che scelgono i social networks come tool quotidiano di interazione con i propri clienti.

Esempi simili a questi capitano sotto i nostri occhi tutti i giorni, e i marketing manager devono riflettere sulla “criticità” della posizione di colui che parla in nome e per conto dei  loro brand twittando e pubblicando su Facebook, Linkedin e gli altri social networks del momento.

Tra gli aspetti più deprimenti di questa carrellata di orrori direi che i penosi trucchi per fare aumentare click e retweet meritano più di una riflessione e dovrebbero invitare a una attenta valutazione di certi risultati numerici.

Dietro un tweet “di successo” forse c’è il nulla.

 

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B2B e social media, la simbiosi è servita

Prendo spunto da questa bella infografica proposta da http://www.content4demand.com  (Clicca sull’immagine per ingrandirla)

C4D_Infographic-Content_and_Social_Sharing

Riprendo qui le osservazioni principali contenute nell’articolo di  Matthew McKenzie.

L’infografica, basata in gran parte sui risultati della Demand Gen Report 2013 B2B Content Preferences Survey e sulla 2012 B2B Buyer Survey, chiarisce bene alcuni punti.

I clienti e i prospect non solo consumano contenuti, ma li condividono costantemente con i loro colleghi. Questo è vero per una vasta gamma di formati di contenuti, non solo per ciò che solitamente è considerato “ideale” per la condivisione.

I buyer B2B consultano regolarmente i social network per la ricerca dei loro potenziali acquisti. E ‘ quindi fondamentale collocare i contenuti sui network ritenuti più attendibili come strumenti di ricerca, LinkedIn e Slideshare in testa.

Quasi tre buyer B2B su quattro utilizzano in qualche modo i social media durante il processo di ricerca e selezione del fornitore.

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Markets are not yet conversations.

Cosa dire di queste truffe a cielo aperto ?

Follower su Twitter comprati un tanto al chilo, i “like” in confezione famiglia, recensioni entusiaste in offerta speciale.

E non è solo il social, ovviamente. Sempre per restare in tema, i siti di alberghi o residence con camere inesistenti su panorami invisibili abbondano. Ingannare sul web in fondo è così semplice.

Ma questa logica pervade tutti i settori.

Certo, così è più furbo, ovvio, molto più facile, certamente.

E poi c’è quel vezzo tanto diffuso quanto idiota di misurare il “successo” soltanto in “like” e visualizzazioni.

Come se con quelle le aziende facessero realmente business, conquistassero clienti veri, guadagnassero.

Poveracci, quanto tempo, denari e energie sprecate.

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The competence is the King…

incompetenceQuando si leggono post come questo, dove Michele Ficara Manganelli narra le brillanti imprese di un ufficio stampa, non si può fare a meno di domandarsi come tanta improvvisazione e/o mancanza di professionalità possa sopravvivere in un’azienda nell’anno di grazia 2013.

Agli albori della comunicazione digitale, nei primi anni 2000, passavo parecchio tempo a spiegare ai miei colleghi in agenzia cosa si poteva e cosa non si poteva fare con l’email. Ma era la nuova frontiera, spesso i comunicatori si trovavano a passare dal fax alla posta elettronica, l’apprendimento ci stava, ci mancherebbe.

Ma oggi ?

E’ ammissibile che chi gestisce le media relations di una azienda usi la posta elettronica come una zappa (leggete anche questa, non è male…) o ignori totalmente le più elementari nozioni circa l’invio di un testo e/0 di immagini in formato elettronico ?

Mio commento al post: “…lo so che mi ripeto, ma i responsabili della comunicazione delle aziende clienti, quando scelgono l’agenzia, domandare “ma voi un comunicato stampa, una volta approvato, come lo mandate ?” “Se una redazione vi chiede un logo in formato vettoriale, cosa gli inviate ?” così, per curiosità…”

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La sottile differenza tra notorietà e competenza. (Lost Competence Blues)

Credo che questo post di Assodigitale si commenti da solo.

Molte aziende si affidano al nome di una “grande” agenzia e poi trascurano di verificare cosa fanno e come lo fanno. 

keep-calm-and-call-your-pr-guysForse dovrebbe essere ovvio dire che la competenza non si improvvisa, nelle media relations come  in qualsiasi attività CONSULENZIALE ; sarà bene ogni tanto farci un pensierino su questo aspetto: le relazioni pubbliche non sono un service di invio, ma qualcosa ben più di valore, un autentico motore per il business, quando svolte da professionisti autentici.

Suppongo che l’agenzia in questione sia sul mercato da molti anni, ma evidentemente, (ed è lecito domandarsi quanto spesso ciò accade) dopo i primi mesi la gestione del cliente è passata di fatto  in mani inesperte. E non si tratta solo di come è spedita una email, ma dei processi di scelta dei temi , dei contenuti, delle forme in cui questi contenuti devono essere declinati rispetto ai diversi pubblici e media,  etc. etc. Insomma della “consulenza” per la comunicazione, che viene sicuramente pagata, ma …

Dove è il valore per l’azienda ?

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Content curation

Un interessante articolo sul tema della content curation nella comunicazione.

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“Good content curation doesn’t consist of simply regurgitating content that others have published. Your brand story-telling must include a human element in the form of personalizing the information and making it compelling to your social media followers. Successful programs provide context and communicate it in a transparent fashion, enabling you to amplify your brand message and create passionate subscribers”

Leggi qui l’articolo completo.

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Ogni tanto un po’ di marketing…

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